pubblico con piacere il "parere" dell'amico Cavicchi di Ferrara
ELEZIONI E QUARTO
POTERE
In questi ultimi mesi abbiamo osservato e analizzato il mondo
dei media (Tv, social network e giornali) cercando di comprendere se
l’informazione abbia o meno mantenuto invariati il suo ruolo e la sua funzione
e se sia, quindi, ancora in grado di produrre conoscenza equilibrata e diffusa
e, perciò, sia capace, anche nel momento attuale, di dare risposte alle domande
che giungono dall’ambiente circostante e che danno peso e struttura alla nostra
cultura politica e alla nostra coscienza civica. Dobbiamo dire che, nonostante
il tentativo da noi compiuto per osservare con obiettività il meccanismo di
funzionamento dell’informazione massmediale, ci è parso che esso non sia oggi
capace di leggere gli avvenimenti e di trarre dalla loro concatenazione
conclusioni che favoriscano la comprensione degli eventi e sappiano indirizzare
il cammino verso strade ancora inesplorate.
Ciò che accade attorno a noi viene raccontato dai mass media
come se si trattasse di un’interrotta serie di eventi scandalistici e
delittuosi, i quali, in assenza di un’efficace traduzione in fenomeni politici
leggibili e sintetici, danno origine solo a disaffezione, scetticismo e cinismo,
i quali – sia detto per inciso – sono l’anticamera dell’antipolitica e del
populismo. Il delicato compito dell’informazione nel mondo della connessione
istantanea e permanente sfalda, di fatto, il ruolo della politica, facendo
prevalere il profilo del leader rispetto ai contenuti del suo progetto di
governo. Enfatizzando, di conseguenza, la funzione taumaturgica del nuovo
principe, sempre più simile al demagogo autoritario regnante nell’epoca della
provvisorietà.
In questo modo l’azione dei media, nonostante lo spargimento
di aromi di violetta e d’incenso, non sa far breccia nel cuore e nella testa di
chi quotidianamente osserva il proprio intorno e ne trae sconforto, apatia e
disgusto. Forse non tutti capiranno precisamente cosa sta accadendo ma, con
ogni probabilità, in molti trarranno insegnamento dalle loro esperienze
quotidiane. E’ probabile che molti non sappiano comprendere appieno quali siano
le cause del disagio, che li induce a guardare al presente e all’immediato
futuro con allucinante preoccupazione, ma intuiscono che il loro mondo è
cambiato e che il passato non tornerà.
Non si capisce perché di fronte al dramma dell’incertezza e
dello spaesamento i media non abbiano la forza di dire con chiarezza che non ci
sono formule salvifiche per affrontare la piaga della miseria globalizzata, che
scaraventa sui confini dell’Europa masse ingenti di disperati alla ricerca di
un paradiso che noi stessi abbiamo ormai perduto. I mass media dovrebbero avere
il coraggio di dire che lo stato sociale, che per decenni ha garantito
assistenza e previdenza, non è più in grado di fornire i servizi né agli
italiani né, tantomeno, ai migranti. Il nostro debito pubblico continua a
crescere e spinge sempre più in alto la pressione fiscale, sottraendo, così,
risorse per i finanziamenti privati e pubblici e, quindi, frenando
l’occupazione, soprattutto dei giovani (la crescita occupazionale di aprile è
stata determinata dalle assunzioni fatte da grandi imprese in alcune aree
meridionali, ma non abbiamo assistito alla diffusa occupazione garantita dalla
piccola e media impresa). Ed è proprio Il vuoto di progettazione e l’assenza di
soluzioni efficaci che hanno impedito il ritorno alla crescita e che, in
compenso, hanno allontanato dal voto masse enormi di elettori e ridotto drasticamente
i consensi ai partiti di governo.
I cittadini italiani hanno bisogno di risposte esaustive non
di rassicurazioni formali. Ed è per questo che il parlamento deve poter
discutere e indicare la via per affrontare e risolvere l’epocale dramma della
migrazione, il quale se non affrontato tempestivamente e coraggiosamente si
trasformerà , senza via di scampo, in conflitto, sempre più cruento, tra
poveri. Nel contempo, se non cambierà la cultura politica e non si
affronteranno le contraddizioni insite nella nostra forma di stato ci troveremo
a interpretare i nuovi scenari politici ed economici replicando le risposte
date in un passato ormai distante. Ma, com’è ovvio, le vecchie risposte alle
nuove domande non offriranno soluzioni nelle quali potremo identificarci.
Alberto Cavicchi
Centro studi economici e sociali “Luigi Einaudi” – Ferrara
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