pubblico con piacere il parere dell'amico Cavicchi di Ferrara



ELEZIONI E FINANZA INTERNAZIONALE
I risultati delle elezioni regionali hanno registrato dati non confutabili: il PD di Renzi, non sostenuto dalle minoranze interne, ha subito un salasso nei consensi rispetto alle europee dell’anno scorso (circa 2.150.000 voti in meno), il Movimento 5 stelle ne ha persi quasi 900 mila, Forza Italia un po’ meno di 700 mila. Unica eccezione la Lega Nord che aumenta di 160 mila voti (tra i quali quelli che hanno permesso al candidato sindaco, Mario Bergamini, di riconquistare il comune di Bondeno). Il dato più preoccupante riguarda, però, l’astensionismo, giunto a poco meno della metà degli aventi diritto al voto. Dato, questo, che rileva un’indubbia situazione di rifiuto di ampi strati dell’elettorato, in quest’occasione, soprattutto di quell PD.
E’ innegabile che le scelte politiche di Renzi, del suo governo e della sua maggioranza, siano state contestate, non solo dalle minoranze interne al suo partito e dalle opposizioni parlamentari, ma anche dai semplici militanti ed elettori del PD. Del resto, basta osservare i dati emersi dalla rete per rendersi conto di quale sia il giudizio che gli internauti danno delle scelte del governo Renzi: l’84,1%% disapprova la sua politica economica, il 72,8% quella della scuola, il 72,3% quella sul lavoro e il 68,2% quella sulla sicurezza. Dunque, secondo la stragrande maggioranza degli elettori italiani la politica economica del nostro governo è sbagliata, i contenuti della riforma scolastica sono inaccettabili, quelli della riforma del lavoro e dell’occupazione sono inefficaci e i provvedimenti adottati in materia di certezza del diritto e della pena sono inadeguati.
In questa cornice, venutasi a creare immediatamente dopo la chiusura delle urne, emerge un dato – sottaciuto da Tv e giornali – ma non perciò meno grave: i finanziatori internazionali stanno acquistando i titoli di stato tedeschi, in funzione anti Grexit (al fine di parare le conseguenze di una prossima uscita della Grecia dall’euro). Questa decisione dei mercati finanziari internazionali non si limita però, ad allontanare Atene dal “salottobuono” della politica europea. L’Italia stessa – uscita indebolita dalle elezioni regionali – sta iniziando a pagare lo scotto che già avevamo previsto. Del resto il ministro Padoan – nonostante non sappia come affrontare l’eventuale uscita dalla Grecia dall’euro – ha già prefigurato quale effetto avrebbe, per l’Italia, il default greco: il contagio diretto delle finanze italiane.
Aggiungendo allo scenario d’incertezza, appena tratteggiato, la perdita di potere che il governo Renzi ha registrato – causato dal frazionamento interno al PD – avremmo il quadro della situazione nel quale l’Italia s’arrabatta: una minore compattezza della coalizione di governo attenua le capacità di adottare le riforme strutturali che l’Italia si è impegnata a realizzare e che l’Europa chiede con insistenza. Se, poi, il nostro paese fosse aggredito dal contagio greco, Renzi si vedrebbe costretto a riaprire il fronte del Nazzareno o ad alzare bandiera bianca. Tuttavia, visto il modesto risultato elettorale di Forza Italia e l’ostracismo dimostrato dai Cinque stelle c’è da dubitare che Silvio Berlusconi e Beppe Grillo corrano in soccorso di chi è ormai incatenato alle proprie presunzioni. Senza l’appoggio del centrodestra o dei grillini non c’è, però, prospettiva politica per Renzi. E, quindi, ob torto colo, si dovrà andare a elezioni anticipate. Con il rischio che i mercati finanziari, che già stanno premendo (lo spread è salito a 143 punti base), rispondano con un sonoro niet.
Renzi confida in Mario Draghi, ma come ben sappiamo, a nulla serve la liquidità finanziaria di mercato se non è accompagnata da un profondo processo di riforme. Inoltre, è inutile che egli confidi – come vorrebbe – sul sostegno dei francesi. In politica non c’è riconoscenza. Solo affari. Con cosa s’intende pagare la solidarietà dei cugini d’Oltralpe? Con i nostri gioielli di famiglia (pubblici)? Certo, ma non è detto che l’operazione sia permessa.
Alberto Cavicchi
Centro studi economici e sociali “Luigi Einaudi” – Ferrara

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