IL GOVERNATORE DELLA B.C.E. ANNUNCIA IL DIMEZZAMENTO IL PROGRAMMA MENSILE DI ACQUISTO DI TITOLI DI STATO DA GENNAIO 2018



Francoforte, 26 ottobre 2017 - Mario Draghi compie il primo passo verso il 'Qexit' o 'tapering'. Nell'attesissima conferenza stampa che segue il direttivo Bce di oggi, il governatore ha comunicato il rallentamento del cosiddetto 'quantitative easing', ovvero il programma mensile di acquisto di titoli di Stato da parte della Banca Centrale Europea. Dagli attuali 60 miliardi al mese si passerà a 30 miliardi, a partire da gennaio 2018, "estendendone la durata di 9 mesi, fino a settembre del 2018". L'annuncio è in linea con le previsioni di analisti e addetti ai lavori. Draghi ha sottolineato che "perché l'inflazione di base - salita, ma ancora sotto il target - continui a rafforzarsi e sostenga gli sviluppi nel medio termine, è ancora necessario un ampio grado di accomodamento monetario". Si è detto quindi pronto ad aumentare o prolungare gli aiuti anche oltre il termine stabilito, "se necessario". 
Le Borse europee, in cauto rialzo prima dell'annuncio, hanno allungato il passo subito dopo la comunicazione della Banca centrale europea e continuano a viaggiare in stabile rialzo. L'euro è scivolato sotto la soglia di 1,18 rispetto al biglietto verde: la divisa vale 1,1765 dollari, mentre prima dell'annuncio dell'Eurotower passava di mano a 1,1805 dollari.
TASSI - Come previsto, la Bce ha deciso di mantenere invariato ai minimi storici il costo del denaro, tenendo fermi il tasso di riferimento, a zero, quello sui depositi, a -0,40%, e il tasso marginale, a 0,25%. Draghi ha sottolineato che il livello dei tassi resterà tale ancora a lungo. "Ben oltre la fine del Qe". 
IL QE - L''alleggerimento quantitativo' dei debiti sovrani, il Qe, si traduce in iniezione di liquidità e quindi in aiuti alle economie Ue. La precedente riduzione era stata decisa a dicembre del 2016, da 80 a 60 miliardi al mese, e la sua durata era stata prolungata fino a dicembre di quest'anno. La nuova stretta potrebbe mettere in difficoltà l'Italia, gravata da un debito pubblico pari a 2.281 miliardi, cresciuto di 63 miliardi nei primi 6 mesi di quest'anno, al ritmo di 10,5 miliardi al mese.
UN COMPROMESSO DIFFICILE - Con un'inflazione ancora sotto l'obiettivo del 2% (è all'1,5% per l'Eurozona), Draghi era chiamato a un difficile compromesso. Da una parte le pressioni di Paesi come la Germania e l'Olanda, convinti che il Qe, che ha portato nella pancia della Bce 2.100 miliardi di euro di titoli creando in meno di tre anni un'espansione monetaria pari a qualcosa come il 40% del Pil dell'Eurozona, abbia raggiunto i suoi obiettivi.  Dall'altra c'è una ripresa vulnerabile che rischia da un momento all'altro di essere indebolita. E poi c'era a pressione, nel risiko monetario, delle altre banche centrali, a partire dalla Fed, che ha iniziato il suo 'tapering' quattro anni fa e sta già alzando i tassi.

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