INTERSSANTE INTERVISA A MONS. LUIGI NEGRI
Don Luigi Giussani ha dato vita ad «un popolo che è stato
capace di crearsi le sue opere», compreso il Meeting di Rimini. E,
tuttavia, questo popolo é lasciato marcire da quelli che lo hanno
ereditato, per vie che, se fosse qui, don Giussani non approverebbe».
Purtroppo i timori di Stefano Fontana erano fondati. Fontana si
chiedeva su “La Nuova Bussola Quotidiana del 28 agosto 2015 se, per
caso, Comunione e Liberazione fosse caduta nella prassi della «scelta
religiosa», secondo cui i cattolici farebbero bene a testimoniare
apertamente Gesù Cristo solo all’interno delle chiese, mentre nella
società essi dovrebbero dissimulare la propria identità cristiana,
sganciando l’ambito religioso da quello civile e politico.
Un incidente analogo era occorso all’Azione Cattolica che, nel 1969,
sotto la guida di Vittorio Bachelet, impose a se stessa la «scelta
religiosa» come metodo irreversibile. I risultati, nei decenni
posteriori, non tardarono a manifestarsi, vista anche l’adesione pratica
alla «scelta religiosa» di vasti settori della Chiesa: ininfluenza dei
cattolici dalla scena pubblica, svilimento della testimonianza
cristiana, scomparsa del vero dialogo veritativo, nascita di un dialogo
ideologico che tralascia l’essenziale e scade nella chiacchiera.
Recentemente, in un’intervista concessa a Vita Nuova, Mons. Luigi
Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, si é espresso proprio
su tale questione, dopo il suo intervento al convegno annuale degli
“Amici di Instaurare” (Fanna, 23 agosto 2017). Mons. Negri,
riferendosi a Comunione e Liberazione (Cl), ha detto che don Luigi
Giussani ha dato vita ad «un popolo che è stato capace di crearsi le sue
opere», compreso il Meeting di Rimini. E, tuttavia, questo popolo é
lasciato marcire da quelli che lo hanno ereditato, per vie che, se fosse
qui, don Giussani non approverebbe».
Ma «dove sono i Ciellini adesso? Ci sono ancora? – si chiede -. Don
Giussani ha invece insegnato qualcosa di ben diverso dal silenzio dei
cattolici nella vita pubblica: egli ha insegnato una presenza
nell’ambiente: non avrebbe mai detto che la presenza è un “problema
silenzioso». E questo – precisa – «non lo dicono solo i capi di Cl, ma
tutta la Chiesa».
Mons. Negri è uno tra i più titolati a parlare di CL, perché allievo
di don Giussani fin dall’adolescenza, quando lo ebbe come maestro di
religione durante i primi anni del liceo, nell’ottobre del 1957. Di
Giussani fu discepolo, amico e prezioso collaboratore. L’esperienza di
Gesù Cristo, di cui parlava Giussani, non è nient’altro – continua Negri
– che l’incontro con l’avvenimento di Cristo, così com’é presente nella
Chiesa». Questo non significa che l’«avvenimento» di Cristo sia
riconducibile ad un unico percorso: «ognuno ha vissuto quest’unica
vocazione» in relazione alle sue capacità specifiche. L’errore, a
proposito di quest’unica vocazione, non sta dunque nell’intraprendere
attività o strade differenti, ma «richiamare se stessi», al posto di
fondare tutto sull’«avvenimento del Signore presente nella comunità».
Giussani “non richiamava se stesso», come invece si sono ostinati a fare
alcuni «ecclesiastici, che adesso stanno tornando per la maggiore, come
don Milani».
E’ significativo che Negri abbia fatto queste riflessioni proprio nell’ambito della conferenza di Insaturare omnia in Christo,
curata da Danilo Castellano e dedicata al tema “I cattolici e la
Riforma. L’Arcivescovo nell’intervista descrive la differenza tra vera e
falsa riforma. La vera riforma é «quella che avviene nella vita del
popolo e che può trovare anche alcune espressioni significative nelle
vicende dei santi», i quali hanno cominciato a «riformare la vita delle
loro parrocchie o del loro Ordine». Viceversa, «legare la riforma a
fatti ecclesialmente eclatanti e, soprattutto, legare la riforma a un
certo atteggiamento eversivo, é un debito pagato al laicismo che domina
anche la vita della Chiesa». Proprio Romano Guardini – continua ¬ «dice
che c’é una differenza profonda tra il riformatore e lo scismatico. Il
primo persegue la riforma della Chiesa a partire dalla sua esperienza
personale e mette il suo contributo al servizio di tutta la Chiesa. Lo
scismatico invece fa del suo punto di vista qualche cosa di
assolutamente indiscutibile che, alla fine, vuole essere imposto alla
Chiesa”. E dunque «nell’eretico c’é sempre l’assolutizzazione di un
particolare, mentre l’autentica testimonianza é tenere conto del Tutto”.
Comunque, riforma o non riforma, Fontana si era quindi accorto due
anni orsono (tra altri autori), che i conti nella nuova CL di Julian
Carron e di Giorgio Vittadini non tornavano affatto. Un Meeting ¬
scriveva ¬ «dal programma così attento a non disturbare i manovratori
non si era mai visto. Scarse le proposte controcorrente. Scarse le
proposte cattoliche». E ancora: «Completamente assenti le grandi sfide
di oggi: la vita, la procreazione, la denatalità , le unioni civili, il
gender, l’eterologa, le nuove forme di famiglia distruttive della
famiglia, l’utero in affitto, la lotta alle leggi ingiuste». CL,
insomma, «si concepisce ormai come un movimento di formazione e non di
appartenenza», che «non scende più in piazza» e «sembra aver fatto una
specie di scelta religiosa».
Anche nella recente intervista di Mons. Negri concessa a Riccardo
Cascioli a “La Nuova Bussola Quotidiana” (del 28 agosto 2017) il quadro
non cambia: «Quello che domina oggi – dice l’arcivescovo ¬ é
l’ideologia del dialogo. Ma il dialogo vero é l’espressione di
un’identità», come ha sempre insegnato don Giussani. Negri contesta,
nell’intervista, la posizione di Giorgio Vittadini, «teso a dipingere
come ideologiche le battaglie [di CL] del passato sulla libertà
educativa». Ma l’iper-dialogismo che si é venuto ad imporre in CL e
nella Chiesa é un’espressione che «non ha alcun fondamento e soprattutto
non ha alcun contenuto». E così il cosiddetto dialogo odierno «diventa
una enorme logomachia in cui tutti parlano», senza però alcuna identità
precisa. Quello che oggi domina – rincara Negri – é il ripetere in modo
accanito che bisogna dialogare, che bello dialogare, senza riuscire a
dare nessun contenuto esperienziale».
Non é troppo difficile, dopo questi interventi, intuire che
l’iper-dialogismo o la “scelta religiosa che dir si voglia, non hanno
molto a che fare con Gesù Cristo e con i suoi discepoli. Si é¨ sempre
trattato di una testimonianza schietta e coraggiosa, tanto nel chiuso
della preghiera, quanto nella società di ogni tempo. I cristiani hanno
parlato sempre e senza troppi problemi con tutti.
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