La strana alleanza Toti-Salvini
Patto Forza Italia/Lega: sostegno berlusconiano a
Zaia, convergenza sul consigliere politico del Cav in Liguria. In
questa foto, c'è il centrodestra come lo vorrebbe congelare Renzi: gli
ultimi talebani del berlusconismo insieme alla neoLega estremista.
Fuori, c'è tutto il vasto fronte dei liberali e dei moderati...
Se volete una fotografia del centrodestra
come non dovrà mia più essere, eccovi serviti. Siamo alle burle finali
(“comiche” implica ancora una dose troppo elevata di autocoscienza),
all’alleanza Toti-Salvini. Dopo settimane di minuetti e giochi del cerino estenuanti (in una tetra analogia con i riti dell’ultima Democrazia Cristiana
ormai totalmente scissa dal Paese), di minacce a Tizio perché Caio
intenda e di ipotesi strumentali di sostegno a Sempronio in Veneto, ecco
la grande armata anti-renziana per la campagna delle Regionali di fine maggio.
Appunto, l’alleanza Toti-Salvini. Perché la sostanza, pienamente e legittimamente tatticista, del baratto tra la Forza Italia in agonia e la Lega (già) Nord in piena fregola lepenista è la seguente: sostegno berlusconiano a Zaia in Veneto, rinuncia salviniana alla corsa autonoma in Liguria con convergenza sulla candidatura Toti. Il cerchio è chiuso. Non è esattamente come quando Berlusconi e Bossi facevano e disfacevano governi nei lunedì di Arcore, accarezzando i sogni della rivoluzione liberale e del federalismo vero, poi purtroppo rimasti tali, ma è quel che passa il convento oggi. L’alleanza Toti-Salvini. Nessun accanimento ad personam,
su quello che è stato un ottimo direttore di tiggì, né su quello che è
un grande animale da Facebook e da salotto televisivo (i radical chic
fingono di odiarlo, ma lo invitano ad ogni puntata, è il classico
ribaldo che diverte il sistema, e lo rassicura su se stesso). Solo una
sensazione un po’ così di fronte a due facce un po’ così: non può essere
questo, il vasto fronte dei liberali e dei moderati e
dei cattolici e dei riformisti laici italiani. Questo è il centrodestra
come lo vorrebbe cristallizzare per sempre Renzi, e lo è
al di là delle intenzioni dei singoli in gioco, ovviamente: la
saldatura tra i talebani del berlusconismo, i feldmarescialli (molti
interessati) del Cav, e la neoLega a trazione casapoundista. Di modo che
lui, il rottamatore rivelatosi già da tempo bullo istituzionale,
perseveri nell’arte che gli riesce meglio. La vittoria per abbandono
altrui.
Se la godono e se la rimpallano,
ovviamente, i due. Salvini addirittura detta a i taccuini che «Toti è
una brava persona», e nel suo lessico iper-asciugato
è come se gli avesse dato dello statista. L’altro, più a suo agio nella
lingua mediana di quello che una volta Berlusconi avrebbe definito
teatrino della politica, assicura che «il rapporto tra Lega e Forza
Italia deve essere un asse strategico per il futuro». Per il futuro
loro, e questa postilla che legge chiunque non sia ostaggio della
propria tifoseria rende il tutto un po’ più autoreferenziale.
E non importa se Toti un mese fa diceva «dalla manifestazione di
Salvini non ho sentito nessuna ricetta di governo plausibile», e l’altro
archiviava con un «peggio per Forza Italia». È evidente che i due non
si sopportino, lo è persino dalle rispettive antropologie,
il barricadero forgiato nella scuola dei Comunisti Padani e il
frequentatore felpato (ma non in felpa) del potere, politico e
aziendale. Giustamente, mettono da parte l’idiosincrasia, soprassiedono,
e puntano a passare ‘a nuttata. Sta a noi, capire il senso politico di
quel che sta accadendo: quello che una volta era l’asse del Nord,
il fronte forse un po’ sgangherato ma sano e incisivo dei produttori,
di chi intraprende, di chi crea ricchezza e non vuole gettarla nelle
fauci del Leviatano, l’asse che in questo ventennio è persino riuscito a
portare queste parole d’ordine al governo del Paese, salvo mortificarle
poi nell’azione, è oggi l’asse Toti-Salvini. Non sappiamo dire se si
finisca in parodia o in dramma, in ogni caso non si finisce bene.
Soprattutto, si finisce in (troppo) pochi: fuori da questa fotografia,
c’è chiunque non voglia intrupparsi nella Salò berlusconiana, una compagnia così tetra che agita il manganello perfino su uno come Sandro Bondi,
e chiunque non pensi di rianimare l’economia distribuendo (ulteriori)
sussidi di Stato e tornando a stampare la liretta, ovvero nutrendo il debito. Certamente, fuori da questa fotografia ci siamo noi.
Abbiamo un buono stomaco, ma l’alleanza Toti-Salvini pare troppo.
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