Verso lo scioglimento delle Camera, sfuma lo Ius soli
Archiviata la manovra economica e a due giorni dalla conferenza
stampa di fine anno del presidente del Consiglio, la XVII legislatura si
avvia a conclusione. Lo scioglimento delle Camere è imminente,
probabilmente lo stesso 28 dicembre dopo l'incontro con i giornalisti
parlamentari di Paolo Gentiloni.
Ma sulla fine della legislatura pesa il destino dello Ius soli che
sembra ormai segnato a meno di improbabili colpi di scena. Secondo
quanto si apprende, infatti, in assenza di segnali concreti dalla
maggioranza del Parlamento sull'intenzione di voler davvero approvare la
legge sulla cittadinanza, la data del 28 per lo scioglimento resta la
più plausibile.
Del resto i segnali sullo Ius soli sono arrivati, ma in senso
opposto: nell'ultima seduta del Senato, il 23 dicembre scorso, è mancato
il numero legale - assenti M5s, Lega, Forza Italia e anche parte del Pd
- e l'esame è stato rinviato al prossimo 9 gennaio. Ma di fatto non ci
sono grandi chance che si arrivi a quella data nonostante l'ultimo
appello, rivolto ieri a Mattarella, dal movimento 'Italiani senza
cittadinanza' che ha chiesto con una lettera aperta di rinviare la
conclusione della legislatura fino all'approvazione della legge sulla
cittadinanza.
Il capo dello Stato, quindi, dovrebbe sciogliere le Camere già
giovedì pomeriggio e il presidente del Consiglio dovrebbe restare in
carica per gli affari correnti, d'intesa con il Quirinale, anche in
vista di una fase che potrebbe essere politicamente difficile da gestire
nel caso in cui, ipotesi del tutto verosimile, dalle urne non dovesse
uscire una maggioranza chiara.
L'atto formale col quale vengono sciolte le Camere e convocate nuove
elezioni è contenuto in un decreto del presidente della Repubblica.
Mattarella, quindi, sentiti i presidenti di Senato e Camera, Pietro
Grasso e Laura Boldrini, per un parere obbligatorio ma non vincolante,
dispone lo scioglimento. Nell'articolo 88 della Costituzione si legge
infatti che "il presidente della Repubblica può, sentiti i loro
presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo
mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi
sei mesi della legislatura".
Dopo aver ricevuto i presidenti dei due rami del Parlamento, il capo
dello Stato firma il decreto presidenziale di scioglimento. Il Consiglio
dei ministri si riunisce per approvare lo schema di decreto col quale
si fissa la data per lo svolgimento delle elezioni politiche e quella
per la prima riunione delle nuove Camere. Anche quest'ultimo decreto è
firmato dal presidente della Repubblica. In genere lo scioglimento delle
Camere, la data del voto e quella della prima seduta del nuovo
Parlamento vengono comunicati con una nota del Quirinale.
L'articolo 61 della Costituzione recita così: "Le elezioni delle
nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle
precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno
dalle elezioni. Finchè non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i
poteri delle precedenti".
Quindi, si prevede che la prima riunione delle Camere abbia luogo
"non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni" e così se si votasse il 4
marzo, la prima seduta dovrebbe esserci entro il 24 marzo. Da quel
momento si procede all'elezione dei due presidenti, che avvengono al
Senato in quattro scrutini al massimo, alla Camera con votazioni ad
oltranza fino a che un candidato non ottenga la maggioranza assoluta dei
voti.
Come è evidente, sempre nel caso il risultato delle elezioni
politiche non sia già così chiaro da indicare una maggioranza di
governo, nei giorni subito dopo il 4 marzo ci saranno contatti tra le
diverse forze politiche e, informalmente, anche con il Colle. Si
potranno creare intese che potranno anche 'scavalcare' le coalizioni.
Intese che avranno il primo banco di prova nell'elezione dei due
presidenti delle Assemblee e che, come è già successo in passato,
potranno anche essere 'impallinate' dal voto segreto dei parlamentari.
Se due o più partiti raggiungessero infatti un accordo per l'elezione di
una personalità e questa venisse bocciata nel segreto dell'urna,
infatti, l'accordo politico-istituzionale potrebbe cadere facendo
tramontare la possibile intesa anche in vista della formazione del
governo. In passato l'elezione del presidente del Senato è stata a volte
addirittura un passaggio cruciale per raggiungere poi una maggioranza
che altrimenti sarebbe stata zoppa.
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