Indagini, scissioni e polemiche, il Nuovo Centrodestra rischia di sparire



L’appuntamento è fissato per il 9 settembre, sarà uno dei primi impegni dopo la pausa estiva. La Giunta delle elezioni e delle immunità di Palazzo Madama dovrà prendere una decisione sul destino di Giovanni Bilardi, esponente del Nuovo Centrodestra finito al centro dell’inchiesta sui rimborsi regionali in Calabria. Neanche il tempo di tornare dalle ferie e al Senato è già il momento di verificare la tenuta della maggioranza. A fine luglio la vicenda del senatore Antonio Azzollini aveva aperto una serie di polemiche all’interno del Partito democratico (allora la richiesta di arresto era stata respinta). Adesso si rischia un nuovo caso.
A fine luglio la vicenda del senatore Antonio Azzollini aveva aperto una serie di polemiche all’interno del Partito democratico. Adesso si rischia un nuovo caso
A giugno il tribunale di Reggio Calabria ha trasmesso a Palazzo Madama la richiesta degli arresti domiciliari per Bilardi. I fatti risalgono al triennio 2010-2012 e si riferiscono alla presunta appropriazione indebita di fondi messi a disposizione ai gruppi consiliari dalla Regione. L’ennesima Rimborsopoli d’Italia. È un procedimento che riguarda almeno una trentina di persone coinvolte a vario titolo nella vicenda. Tra cui il senatore Bilardi, che all’epoca era capogruppo della “Lista Scopelliti”. Nel documento trasmesso dal Gip si ipotizza l’appropriazione «mediante prelievi indebiti dal conto corrente del gruppo consiliare e comunque sostenendovi spese in realtà risultate avere finalità private» per un totale di circa 300mila euro. 183mila euro direttamente riconducibili al senatore e altri 147 al suo collaboratore.
Bilardi nega ogni addebito e assicura di aver agito correttamente. Nel documento trasmesso al Senato si parla di numerosi pasti al ristorante, pernottamenti in albergo, ma anche di una trentina di oggetti di porcellana per un valore di 800 euro, cinque penne Montblanc, iPad e iPhone per seimila euro, noleggio sdraio e ombrelloni, un televisore Grundig da 32 pollici. Persino 320 tute sportive. «Appare decisamente arduo - si legge sotto questa voce - immaginare una finalità istituzionale di tale acquisto». Nel frattempo nella Giunta delle elezioni si è aperto il dibattito. A fine luglio la relatrice Stefania Pezzopane ha accolto alcune richieste di approfondimento e il presidente ha deciso di rinviare l’esame a settembre.
La conclusione della vicenda è tutt’altro che scontata. Il documento trasmesso dal tribunale di Reggio giustifica la richiesta degli arresti domiciliari ipotizzando il rischio di reiterazione del reato. «L'attuale incarico politico-istituzionale di massimo prestigio - si legge - colloca il Bilardi nella posizione ideale per continuare a commettere reati della stessa specie di quelli per i quali si procede nei suoi confronti. Nella veste di senatore della Repubblica, infatti, egli viene a godere della disponibilità di ingenti fondi pubblici a diverso titolo». Ma a Palazzo Madama non tutti sono d’accordo. Persino all’interno del Partito democratico i componenti della Giunta sembrano avere opinioni diverse. E così, a prescindere dall’esito, il voto in Aula rischia di aprire una nuova polemica in seno alla maggioranza.
Caso Bilardi: a Palazzo Madama non tutti sono d’accordo. Persino all’interno del Partito democratico i componenti della Giunta sembrano avere opinioni diverse
Al centro del caso, ancora una volta, finisce il Nuovo Centrodestra. L’alleato ormai sempre più scomodo del Partito democratico. Sono settimane difficili: solo pochi giorni fa Nunzia De Girolamo ha deciso di lasciare il partito in polemica. Non è una defezione da poco. La deputata campana era una delle esponenti di spicco del partito, ministro delle Politiche Agricole durante l’esecutivo di Enrico Letta. Adesso il suo addio solleva una questione centrale: quale sarà la collocazione politica di Ncd? Preoccupata dall’intesa sempre più stretta con Matteo Renzi, la De Girolamo torna al fianco di Berlusconi. Al momento nessuno sembra disposto a seguirla, ma nel partito non è l’unica a temere la svolta a sinistra. Il nodo dovrà essere sciolto nel giro di pochi mesi. Già in primavera, alle Amministrative che si terranno in alcune delle principali città italiane, il Nuovo Centrodestra dovrà decidere se schierarsi al fianco del Pd o con Forza Italia. Se costruire, in prospettiva, un fronte moderato insieme a Udc e Scelta Civica per sostenere il Partito della Nazione del premier. Oppure tornare nel perimetro del centrodestra, con Silvio Berlusconi e la Lega di Matteo Salvini.
Molto dipenderà dalle modifiche alla legge elettorale, con l’eventuale introduzione di un premio di maggioranza attribuito alla coalizione. Le conseguenze non sono banali. Dalla scelta di campo del Nuovo Centrodestra si deciderà il futuro del partito. Ma dalle eventuali defezioni dipenderà la tenuta della maggioranza di governo. Nonostante tutto, infatti, gli alfaniani hanno un ruolo decisivo in Parlamento. Il gruppo di Area Popolare è composto da una settantina di eletti. Solo a Palazzo Madama - dove anche una manciata di voti può mandare sotto l’esecutivo - il gruppo conta 35 senatori. Ecco perché un’implosione del partito finirebbe per mettere in difficoltà lo stesso Matteo Renzi.
Dalla scelta di campo del Nuovo Centrodestra si deciderà il futuro del partito. Ma dalle eventuali defezioni dipenderà la tenuta della maggioranza di governo
A sentire i bene informati il rischio di sfaldamento esiste. Anche perché nel partito continuano a convivere diverse sensibilità. C’è chi come Maurizio Lupi guarda alle Comunali di Milano e all’intesa con il centrodestra. E chi ormai si rivolge senza rimpianti verso il Partito democratico (tra questi si fa sempre più spesso il nome della ministra della Salute Beatrice Lorenzin). L’ultimo a confermare la svolta verso sinistra è stato il sottosegretario alla Difesa Gioacchino Alfano, responsabile Ncd in Campania, che in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno ha definitivamente chiuso le porte al centrodestra e a «un soggetto ormai privo di direzione politica come Forza Italia». Il futuro è altrove: «Nel Pd di Renzi - spiega l’esponente Ncd - sta prevalendo una mentalità pragmatica, risolutrice, moderata e non ideologica. Da sottosegretario, ricevo dal Partito demcoratico una fattiva e costante collaborazione. Dal centrodestra, invece, continuo a subire attacchi demagogici e irresponsabili».
Ecco allora che anche un piccolo incidente parlamentare potrebbe dare il via libera alla spaccatura. Magari proprio il voto sul senatore Bilardi, ma non solo. Un altro passaggio delicato sarà l’atteso voto sulle unioni civili. Anche questo in programma al Senato subito dopo la pausa estiva. Lo scontro interno alla maggioranza si consuma attorno al ruolo del matrimonio tradizionale. Ma sarà decisiva la norma che renderà effettivo il divieto della maternità surrogata, il cosiddetto utero in affitto. E poi c’è la politica di Palazzo, il rimpasto di governo. Quando il presidente del Consiglio rimetterà mano alla squadra, si apriranno inevitabilmente nuove tensioni. Le poltrone a disposizione non sono molte. E forse stavolta la precedenza sarà attribuita alla minoranza del Partito democratico.

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