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In Germania, Francia e Spagna tassi negativi per i titoli fino a tre anni
Lo spread con il Bund ripiega a quota 272 punti Oggi il test dell’asta BTp
Rifinanziare il debito pubblico a brevissima scadenza non comporta alcun onere per la maggioranza degli Stati dell’Eurozona. Anzi, quando la Germania, la Spagna o la Francia emettono titoli fino alla scadenza di tre anni sono gli investitori a pagarli dato che i tassi di interesse su questi titoli sono negativi. Anche l’Italia ha goduto di questo privilegio. Almeno fino a maggio di quest’anno quando la speculazione sullo spread ha provocato l’impennata dei tassi di interesse su tutte le scadenze. E così il rifinanziamento del debito a breve scadenza è tornato a comportare un onere per lo Stato italiano. Un’ulteriore conferma in questo senso è arrivata ieri quando il Tesoro ha collocato 6 miliardi di BoT semestrali. Il rendimento medio si è attestato infatti allo 0,438 per cento. A questi tassi la Spagna rifinanzia il suo debito su una scadenza a 5 anni. Il rendimento all’asta BoT di ieri è risultato in crescita di 37 punti base rispetto all'asta di luglio (0,066%). 
A fronte di questi numeri non stupisce che la richiesta del mercato sia stata elevata. Pari a 11,232 miliardi. Nel mercato delle obbligazioni governative tassi del genere su scadenze così brevi sono una rarità di cui approfittare. Buon per loro. Meno per lo Stato italiano e i suoi contribuenti che dovranno sostenere una maggior spesa per interessi sul debito. 
Nel frattempo si è allentata la pressione sui BTp a lunga scadenza. Il rendimento del titolo decennale, che martedì aveva superato la soglia del 3,2% riportandosi sui massimi dal 2014, ieri è sceso a quota 3,12% mentre lo spread si è attestato a quota 272 punti. Per gli investitori l’incognita resta sempre il contenuto della legge di bilancio. E in particolare i numeri sul rapporto deficit/Pil che vari esponenti del governo, ultimo in ordine di tempo il vicepremier Luigi Di Maio, hanno dichiarato voler portare oltre il vincolo europeo del 3 per cento. Salvo poi essere corretti dal titolare del Tesoro Giovanni Tria che invece ha sempre mantenuto il punto.
Intanto arrivano numeri incoraggianti sugli acquisti di titoli italiani da parte dei nostri istituti di credito che, a luglio, sono stati pari a 4 miliardi di euro. In calo rispetto ai 14 miliardi acquistati a giugno e ai 28 di maggio. Dato che l’impennata di acquisti da parte delle banche italiane tra maggio e giugno è coincista con pesanti vendite da parte degli investitori esteri (58 miliardi netti) è logico pensare che il rallentamento di luglio sia andato di pari passo con una frenata delle vendite da parte dei fondi esteri. 
Il calo dello spread ha favorito la ripresa di Piazza Affari. Ieri l’indice Ftse Mib ha recuperato lo 0,68 per cento. Rispetto ai livelli di inizio anno il listino principale risulta tuttavia in calo del 5,64 per cento. Numeri che ne fanno la peggiore piazza finanziaria in Europa. Prima dell’impennata dello spread la Borsa italiana era la migliore in Europa. 
Questo primato è tuttavia evaporato nel giro di pochi mesi. Dai massimi di inizio maggio l'indice ha perso il 16%, bruciando circa 80 miliardi di capitalizzazione. Buona parte dei quali in capo al solo settore finanziario, che vale 43 miliardi in meno rispetto ai picchi di maggio.In netto calo anche la capitalizzazione delle utilities (-14 miliardi), soprattutto per via del tonfo di Atlantia seguito del crollo del ponte Morandi, costato 5 miliardi in termini di capitalizzazione persa. Si è ridotta di 11 miliardi la capitalizzazione del settore industriale. 
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Andrea Franceschi

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