L’impasse tedesca rischia di fermare l’Europa

intervista a Guntram Wolff
«L’impasse nella formazione del nuovo governo in Germania a seguito del risultato delle elezioni del 24 settembre scorso potrebbe portare a una paralisi in campo europeo e a congelare le riforme strutturali proposte dal presidente francese Emmanuel Macron in materia europea». Così Guntram Wolff direttore di Bruegel, uno dei maggiori e qualificati think tank di Bruxelles in un’intervista rilasciata in esclusiva al Sole 24 Ore. Wolff, all’indomani del clamoroso fallimento della formazione del governo di coalizione tedesco,lancia l’allarme del rischio rinvio per le riforme proposte da Emmanuel Macron in campo europeo. In caso di nuove elezioni tedesche, con il nuovo governo formato ad aprile 2018 e sei mesi prima delle elezioni europee del maggio-giugno 2019, si aprirebbe una breve finestra per varare le riforme europee. Davvero troppo poco.
Un allarme eccessivo? Non proprio. Il direttore di Bruegel è uno straordinario conoscitore delle vicende europee e la sua opera si è concentrata proprio sulla governance europea e sulla finanza globale. Inoltre Wolff testimonia regolarmente alle riunioni dell’Ecofin dei ministri delle Finanze europee, al Parlamento europeo, al Parlamento tedesco (Bundestag) e all’Assemblée Nationale francese. Nel 2012-16 è stato membro del Conseil d’Analyse Economique del primo ministro francese. Wolff è entrato a far parte del think tank Bruegel quando ha lasciato la Commissione europea, dove ha lavorato alla macroeconomia dell’area euro e alla riforma della governance della moneta unica. Insomma è un osservatore privilegiato su cosa accade a Bruxelles e nei maggiori paesi della Ue.
Prima di entrare a far parte della Commissione coordinava il gruppo di ricerca sulla politica fiscale presso la Deutsche Bundesbank. Ha anche lavorato come consulente per il Fondo monetario internazionale.
Cosa può accadere in Germania dopo il fallimento dei negoziati per formare un nuovo stabile governo?
I due maggiori partiti tradizionali, i socialdemocratici e i democristiani della Cdu-Csu, hanno perso terreno e dopo il rifiuto da parte della cancelliera Angela Merkel di formare un governo di minoranza si prospetta l’ipotesi di elezioni antipate, un elemento che potrebbe rinviare la formazione del nuovo governo a Berlino ad aprile del 2018. Al momento le elezioni anticipate potrebbero essere l’ipotesi più probabile. Cosa possa accadere alle prossime elezioni nessuno lo può davvero prevedere.
Quali possono essere e le conseguenze per la costruzione europea?
Ci sono due aspetti da considerare. Il primo riguarda la gestione ordinaria tra cui le nomine di sei posizioni apicali in scadenza tra cui il presidente del Consiglio Donald Tusk, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, la nomina del numero uno dell’Eurogruppo, il presidente e il vice della Bce, il presidente del meccanismo di supervisione bancaria europea alla Bce, oggi guidato da Daniéle Nouy. Si tratta di un pacchetto di nomine molto importanti dove l’apporto del governo tedesco potrebbe risultare meno incisivo. Inoltre c’è l’aspetto relativo alle riforme strutturali proposte dal presidente francese Emmanuel Macron: la trasformazione dell’European Stability Mechanism (Esm) con sede a Lussemburgo in una sorta di Fondo monetario europeo, il varo di un bilancio della zona euro e la nomina di un ministro delle Finanze sempre dell’Eurozona. Tutto questo potrebbe essere congelato in attesa della formazione di un governo a Berlino.
Cosa è accaduto a Berlino nel corso dei difficili ed infruttuosi negoziati? Perché non è stato raggiunto un accordo della cosiddetta “maggioranza Giamaica” tra i liberali, i Verdi e i cristiano democratici della Cdu e della Csu?
Le principali ragioni di dissenso si sono concentrate sul tema dell’immigrazione e in particolare sul ricongiungimento familiare - se dovesse o meno essere concesso e in quali limiti - e dell’energia pulita ovvero con quale velocità raggiungere nuovi standard per rispettare gli accordi sul climate change dopo il Trattato di Parigi.
Dunque non è stata l’Europa o l’ipotesi di una mutualizzazione del debito in Europa a portare al fallimento dei colloqui per la formazione di governo?
No, sono stati i contrasti su problemi domestici e la ripartizione di finanziamenti interni. Nessuno dei partiti coinvolti (i liberali, i Verdi e Cdu-Csu) nelle trattative è favorevole a concessioni su una qualsiasi forma di mutualizzazione europea del debito. I partiti tedeschi su questo punto sono tutti concordi nella contrarietà a qualsiasi tipo di condivisione del debito di altri Paesi (debt burden sharing).
È possibile che la cancelliera Merkel possa essere sostituita da Wolfgang Schäuble, l’ex ministro delle Finanze e ora presidente del Bundestag, nell’incarico di formare un nuovo governo magari di Grosse Koalition?
No, non penso proprio che la figura della cancelliera tedesca Angela Merkel sia in discussione all’interno del suo partito o sia addirittura a fine corsa. Sarà ancora lei a guidare l’Unione democratica cristiana (Cdu) nelle eventuali prossime elezioni politiche tedesche.
 
da IL SOLE 24 ORE - Vittorio Da Rold

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