GOVERNO.... METTE LA FIDUCIA ANCHE PER LA QUASTIONE "BANCHE VENETE"

 FONTE : CORRIERE VENETO - 11.07.2017

Il governo non vuole correre rischi e rinuncia anche al proprio emendamento: il voto sul decreto alla Camera

VENEZIA Il primo via libera al decreto sulle banche venete è arrivato dall’Antitrust, martedì tocca a Montecitorio convertire il decreto emanato dal governo il 25 giugno. E convertirlo così com’è uscito dal Consiglio dei ministri quella domenica nella quale le due banche sono state messe in liquidazione coatta amministrativa, la good bank venduta ad 1 euro a Banca Intesa e i 17,8 miliardi di crediti deteriorati alla bad bank Sga. Quello è il testo, prendere o lasciare. Il governo Gentiloni ha infatti autorizzato a mettere la fiducia sul provvedimento. E ha fatto sapere che non ripresenterà il suo emendamento che permetteva a Intesa di avere un anno di tempo in più per restituire i crediti delle ex popolari e delle loro controllate ai clienti che sembravano solvibli e invece non lo sono, fissava il corrispettivo di Sga e permetteva ai due istituti in liquidazione di continuare a contrarre mutui ed erogare prestiti in modo da permettere ai debitori in difficoltà di ristrutturare il debito. Non sarà ripresentato per evitare l’ostruzionismo in aula del Movimento Cinque Stelle.
In serata il Consiglio dei ministri ha fatto una valutazione complessiva del provvedimento e a quanto pare non è escluso che le misure possano essere affrontate più avanti, con un nuovo decreto. Nel quale, a questo punto, potrebbero rientrare alcune delle modifiche del maxiemendamento del relatore Giovanni Sanga, mai discusso e mai votato in commissione: ammetteva al Fondo di solidarietà chi aveva comprato obbligazioni entro febbraio 2016 (oggi resta la data del 12 giugno 2014), concedeva più tempo per presentare domanda di accesso alla procedura fallimentare (il termine scade il 25 agosto) e prevedeva un esilio perpetuo dalla vita pubblica per gli amministratori responsabili del tracollo delle banche venete. Nulla osta alla fiducia in aula, via libera dall’Autorità Garante della Concorrenza: la strada per Intesa è spianata. L’Antitrust ha deciso di non avviare l’istruttoria intanto perché altri istituti non hanno mostrato interesse a rilevare le due venete («comprovata mancanza di interesse») ma anche perché Intesa Sanpaolo ha già numerosi sportelli esattamente nelle province dove sono disseminati i 900 di Bpvi e Veneto Banca e sono le stesse nelle quali gli altri grandi gruppi come Unicredit, Bnl e Credit Agricole hanno una posizione di mercato.
L’incremento di risultato per Intesa è stimato in meno del 5%. Sulla «comprovata mancanza di interesse» degli altri istituti a rilevare le due venete, ma anche della mancanza di interesse del mercato a tirare fuori il miliardo e mezzo chiesto dalla Commissione Europea come condizione per permettere allo Stato di mettere 4,8 miliardi nella ricapitalizzazione precauzionale, ieri ha riferito alla Camera il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, nel corso della discussione sul decreto. «Noi avremmo preferito le precauzionali, lo diciamo ancora oggi. È’ considerata per il Governo la strada più convincente». Ma nessuno ha tirato fuori i soldi, un po’ perché «il sistema bancario riteneva di avere già dato avendo partecipato all’operazione di Atlante Uno e Atlante Due e perché il mercato probabilmente pensava che alla fine si arrivasse al bail-in». Ed è questo disinteresse ad avere fatto precipitare la situazione, «l’incombenza della dichiarazione di fallimento da parte dell’Unione Europea la sentivamo arrivare ora per ora, tant’è che siamo arrivati ad un certo punto, il venerdì, che ci siamo rapidamente dovuti attrezzare per una soluzione veloce, perché era stata annunciata dall’Unione europea, di fatto, la conclusione dell’iter», ha riassunto Baretta. A quel punto l’urgenza era diventata non far chiudere gli sportelli, non far perdere il lavoro ai dipendenti, tutelare i risparmiatori ed evitare il panico.
Un gioco in difesa e in velocità: attraverso un advisor sono stati cercati i soggetti disposti a rilevare le due venete, hanno risposto in sei, cinque banche e un gruppo assicurativo, e l’offerta Intesa era quella «più completa». Che evitava, quindi, lo spezzatino. «Abbiamo scelto fondamentalmente di non accettare una conclusione drammatica, di ricaduta sull’economia di un territorio tra i più importanti non solo d’Italia, ma della stessa Europa», chiude il sottosegretario. Il Movimento Cinque Stelle è agguerrito contro il decreto e la gestione della crisi delle venete. «Nel 2007 arrivano le prime denunce Adusbef e quindi si sapeva che le cose non andavano bene - ha accusato Daniele Pesco del M5s - Erano i finanziamenti baciati. Ma chi doveva vigilare non ha detto nulla. Intesa? Non ha fatto un’offerta: ha scritto delle condizioni. Un contratto capestro. E il decreto lo ha scritto Bankitalia ». Che i 5s voteranno contro è assodato, così come la Lega. «Si è giustificato l’intervento del Governo per evitare il panico ma questo panico c’è stato, eccome - si è infervorato il deputato Filippo Busin, di Thiene - Si è creato un clima di incertezza sempre maggiore, con risparmiatori che, al primo segnale di pericolo, hanno fatto una vera e propria corsa agli sportelli: voglio citare qui a mo’ di esempio la corsa che c’è stata a togliere i depositi da Banca Popolare di Vicenza; in tre mesi una sola banca ha perso circa 9 miliardi dei propri depositi, emorragia che poi è continuata e siamo arrivati a quasi 15 miliardi in totale.
Governo sempre alla rincorsa, mai padrone della situazione e che in ultima analisi offre un salvacondotto ai poteri forti: come Lega non possiamo avallare questo provvedimento». Alla tirata del Carroccio risponde Alessandro Naccarato, deputato padovano del Pd. «Per anni i vertici della Regione, insieme alle associazioni di impresa e alle istituzioni vicentine e trevigiane, hanno indicato le due banche come modelli di gestione del credito - ricorda - poi, di fronte al disastro, hanno promesso aiuti aleatori attraverso la finanziaria Veneto Sviluppo, hanno criticato il governo, costituito ridicole commissioni d’inchiesta. In realtà la Regione ha fatto molto poco e senza l’intervento dello Stato in accordo con l’Unione Europea le due banche sarebbero fallite. Questo dovrebbe far riflettere i sostenitori dell’autonomia e dell’indipendenza regionale in vista del prossimo referendum farsa ».
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Monica Zicchiero

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