ALLARME GRECIA.....Grecia, no dell’Eurogruppo: senza bailout sempre più vicina la fine della liquidità


Anche quella di ieri è stata di fatto una giornata nera per la Grecia dal momento che i ministri finanziari dell’Eurogruppo hanno fatto saltare il tavolo delle trattative sulla rinegoziazione del debito greco e sull’avvio di un nuovo piano di aiuti internazionali che avrebbe dovuto prevedere, almeno in base alle richieste del nuovo Esecutivo ellenico, condizioni diverse da quelle previste dal piano di salvataggio della Troika.
E’ proprio il piano di salvataggio e la sua eventuale prosecuzione ad essere stato l’oggetto del contendere: la tranche del piano di salvataggio attualmente in corso è in scadenza il 28 Febbraio prossimo e per la concessione di nuovi aiuti economici la UE avrebbe imposto alla Grecia una prosecuzione delle misure di risanamento avviate dalla Troika.
A proposito del programma di salvataggio, è opportuno ricordare che quello attualmente in corso è il secondo bail-out (piano di salvataggio) dopo quello avviato nel 2009 (da 110 miliardi di euro). Questo secondo piano di salvataggio, resosi necessario nel 2012, quando la Grecia era finita in una spirale di austerity e recessione, ha concesso complessivamente 130 miliardi di euro, pur richiedendo drastici tagli non solo al debito greco in mano a investitori privati ma anche alla spesa pubblica, alla sanità, all’istruzione e un severo piano di privatizzazioni.
La proposta di estendere il piano di bailout attualmente in corso, avanzata dall’Eurogruppo, è stata giudicata irragionevole, assurda, inaccettabile da un rappresentate del Governo ateniese che ha affermato
"Coloro che insistono su questo tipo di approccio, accantonato al recente Consiglio europeo, sprecano il loro tempo. Oggi non ci sarà alcun accordo"
La dichiarazione rilasciata nel corso dell’Eurogruppo di ieri si è configurata come una previsione esatta dal moemtno che l’Eurogruppo è stato interrotto per lasciare il campo libero a una serie di incontri bilaterali che dovrebbero riaprire qualche margine di trattativa in vista della prossimo riunione straordinaria dell’Eurogruppo che si terrà giovedì o venerdì prossimo.
Nonostante l’ottimismo ostentato dal Ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis che si è ancora detto certo sulla possibilità di un accordo, sono molti e molto importanti i nodi ancora da sciogliere e i punti che per i rappresentanti del nuovo Esecutivo greco rimangono ancora inaccettabili:
  • l’astensione da decisioni unilaterali, che imporrebbe al Governo di Alexis Tsipras di negoziare le proprie misure (riforme comprese) con i rappresentati della Troika;
  • l’accettazione di un’estensione ulteriore del piano di bailout ai prossimi sei mesi;
  • la possibilità di prevedere la flessibilità delle misure economiche poste in essere solo nella cornice del piano di salvataggio che dovrebbe continuare a rimanere in vigore;
  • l’impegno a conseguire avanzi primari appropriati;
Insomma, un vero e proprio diktat che oltre a pretendere la proroga del piano di salvataggio in scadenza richiede l’archiviazione delle misure alternative (la fine del programma di salvataggio della Troika e la rinegoziazione del debito greco attraverso la messa in campo di nuove tipologie di bond) proposte dal nuovo governo greco.
Secondo le dichiarazioni rilasciate da Yanis Varoufakis al quotidiano greco Kathimerini, il ministro delle Finanze ellenico avrebbe richiesto almeno la messa tra parentesi di misure recessive come i tagli alle pensioni e i rialzi dell’IVA, misure queste che andrebbero solo a deprimere ulteriormente i consumi di un’economia già in recessione e avrebbe notato come
"Nella storia dell’Europa dagli ultimatum non è mai arrivato nulla di buono (...) faremo di tutto per trovare un accordo nei prossimi due giorni"
Quel che però rimane sul tavolo delle trattative è proprio un ultimatum e lo ha ben sottolineato il Presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem che in conferenza stampa ha continuato a ripetere che
"la soluzione migliore è estendere il programma attuale"
e che solo nella cornire di un programma di salvataggio esteso e prorogato sarà possibile trovare un accordo relativo a misure maggiormente flessibili che tuttavia non potranno implicare né una revisione dei vincoli di bilancio né uno sconto sul debito. Nella sostanza, quindi, nessuna concessione alla Grecia che ha tempo fino a giovedì per decidere se accettare o meno.
Oltre al pericolo che rimane per ora sullo sfondo, di un contagio dell’Eurozona e di un annullamento della ripresa economica che il quantitative easing lanciato dalla BCE avrebbe dovuto almeno stimolare, il problema più immediato, è quello della liquidità greca che è destinata a finire molto presto nel caso non si raggiunga un accordo con l’Europa. Non è un problema legato solo alla fuga di capitali sempre più consistente che si sta verificando nelle ultime settimane ma un problema di conti pubblici.
Anche qualora alla Grecia fosse concesso di derogare ai vincoli di bilancio attualmente previsti dal piano di salvataggio, ovvero un avanzo primario del 3% del PIL nel 2015 e del 4,5% nel 2016, la Grecia avrebbe comunque bisogno, secondo le stime degli economisti di nuovi prestiti per circa 45 miliardi di euro nei prossimi 5 anni.
A questa somma si aggiungono altri 12,6 miliardi di deficit di bilancio che emergono dal programma di assistenza della Troika attualmente in vigore. Quest’ultimo documento ha, infatti, infatti previsto, nell’immediato entrate per 22,4 miliardi di euro a fronte di 35 miliardi di euro di spese.
A ciò debbono aggiungersi anche circa 3 miliardi di euro che sarebbero necessari al nuovo Governo Tsipras per per onorare le promesse fatte in campagna elettorale riguardo agli aumenti sulle pensioni minime e sulle nuove assunzioni nel pubblico impiego ellenico.
In totale si tratta di 60 miliardi, un cifra che, anche considerando la sola quota relativa al disavanzo presente nel bilancio, potrà essere colmata dall’emissione di nuovi bond o dalla restituzione dei profitti sui bond greci acquistati dalla BCE nel 2010 attraverso il programma Security Market Programm (SMP); profitti che ammontano a 1,9 miliardi di euro e che avrebbero potuto essere restituiti nel solo caso in cui la Grecia avesse onorato le sue promesse mentre ora rimangono bloccati.
A ciò deve aggiungersi anche la titubanza dell’FMI, l’altra istituzione che partecipa alla Troika e che dopo anni passati a richiedere ad Atene misure volte a favorire gli investimenti come la riforma del mercato del lavoro, le privatizzazioni e la riforma del sistema fiscale, si ritrova ora davanti a un nuovo programma di governo che viene giudicato idilliaco dal momento che prevede una ripresa dei consumi fondata, sull’aumento dei salari, sulla riassunzione dei dipendenti pubblici, sulla riduzione delle tasse sugli immobili e sul reddito e su nuovi finanziamenti per scuola e sanità. Un programma di governo a cui, peraltro si deve aggiungere il blocco della privatizzazione delle principali aziede pubbliche greche voluto dal governo Tsipras.
In definitiva si tratta di un vicolo cieco: una situazione in cui il nuovo Esecutivo greco oltre ad avere contro le tre istituzioni con cui deve trattare (UE, BCE e FMI) potrebbe presto arrivare alla peggiore delle conseguenze possibili, nel caso di un mancato accordo, ovvero il default.
Se l’ultima trance di finanziamenti previsti dal piano di salvataggio della Troika (7,2 miliardi di euro) non dovesse essere stanziata, il governo Tsipras non avrebbe più liquidità per pagare gli stipendi e le pensioni del prossimo Marzo.
In mancanza di un accordo con l’UE non verrebbe sbloccata neanche la quota di aiuti prevista dall’FMI nel 2015 (pari a 10,7 miliardi di euro) e sul fronte interno le entrate si ridurranno sensibilmente (dai 4,54 miliardi ai 3,49 miliardi) per l’annullamento sulla tassa sulla casa.
Anche qualora l’Eurogruppo dovesse riuscire a concedere esigue, nuove risorse alla Grecia queste non basterebbero a coprire le nuove voci di spesa previste dal piano di Governo di Tsipras, mentre sul fronte bancario, le banche greche potrebbero trovarsi in una situazione molto simile a quella delle casse statali nel mese di luglio o di agosto.

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