Matrimonio gay: comunque vada vinceranno loro
Ddl Cirinnà, riassunto della giornata di ieri. Il presidente del Consiglio e leader del Pd vuol mandarlo nell’aula del Senato il prima possibile, il ministro dell’Interno e leader di Ap subordina l’iscrizione immediata all’ordine del giorno alla esclusione dal testo della stepchild adoption,
cioè della possibilità per il convivente dello stesso sesso di
diventare genitore adottivo del figlio biologico del partner. Un accordo
- al momento improbabile - fondato sull’accoglimento da parte di Renzi
della condizione posta da Alfano consegnerebbe all’Italia il matrimonio
gay e le adozioni gay: o direttamente, per decisione del Parlamento, o
qualche giorno dopo, per intervento del giudice. Proviamo a capire
perché.
Il premier non vuole intestare al governo le cosiddette unioni civili;
desidera ridurre il più possibile la sua esposizione sul punto, ben
consapevole che la maggioranza degli italiani, pur sensibile al
riconoscimento dei diritti individuali dei conviventi dello stesso sesso
(riconoscimento già ampiamente avvenuto nel nostro ordinamento), non
accetta la totale parificazione al matrimonio e l’adozione di un bambino
da parte di due omosessuali. In più, ha visto quanto è numeroso e
deciso il popolo delle famiglie, pur non rappresentato in Parlamento e
pur senza voce nella gran parte dei media: è ancora forte l’eco del
milione di persone il 20 giugno in piazza S. Giovanni.
Deve concedere qualcosa alla sinistra del suo partito,
in un momento in cui la riforma costituzionale, lo scontro col
sindacato e gli esiti della riforma della scuola hanno fatto crescere
scontento e protesta in quell’area. Per questo ha necessità di andare
subito in aula: lì potrà fare a meno dei voti dell’alleato centrista,
sostituendoli con quelli di Sel e di M5S, che sul punto hanno assicurato
sostegno, con l’aggiunta di frange di Fi e di neonate formazioni
centriste. Se Renzi evoca la libertà di coscienza è perché fa uscire il
tema delle unioni civili dall’area della maggioranza. L’importante è che
il ddl sia approvato: conta poco con quali voti.
Per Alfano le unioni civili sono un fastidio.
Il suo partito ha il maggior numero di parlamentari sinceramente ostili
al matrimonio gay e all’adozione gay: per storia personale, per intime
convinzioni, per impegno dimostrato in circostanze difficili. Per questo
il ministro dell’Interno non può far finta di nulla, ma più volte ha
ripetuto che - comunque vada a finire - il tema non incide sulla
stabilità della maggioranza che sostiene il governo: che è come dire a
chi vuol approvare il ddl Cirinnà: «fai pure, io voterò contro ma non
porrò ostacoli». Se ritenesse la questione di decisiva importanza - ma
l’identico discorso andava fatto per droga e divorzio - rappresenterebbe
l’impossibilità di mantenere in piedi una coalizione che quanto a
misure contro la famiglia in un anno e mezzo ha realizzato quello che in
anni passati governi e maggioranze di sinistra speravano di fare -
senza poi esserci riusciti - nell’arco di più legislature.
L’opposizione di Alfano ad andare subito in aula è blanda,
di intensità neanche comparabile con quella dei singoli esponenti Ncd
che continuano a tenere il punto, nonostante tutto. La posizione nel
merito dichiara una sconfitta completa. Immaginiamo per un momento che
il Pd accolga la proposta di stralciare la stepchild adoption.
Più volte la Corte costituzionale italiana e le due Corti europee hanno
scritto che - salvi i diritti essenziali - ciascuno Stato ha piena
autonomia nel normare i conviventi e i coniugi in modo distinto o
eguale; se però un ordinamento di fatto parifica la disciplina delle
convivenze a quelle delle coppie sposate, diventa discriminatorio
escludere per le prime ciò che si prevede per le seconde. Se dal ddl
Cirinnà si toglie la stepchild adoption, ma si mantiene il rito
di avvio dell’unione - davanti all’ufficiale dello stato civile e alla
presenza di due testimoni -, si richiamano o per numero o per
riproposizione testuale gli articoli del codice civile che disciplinano
il matrimonio, si prevede la pensione di reversibilità e la
partecipazione alla quota di legittima per la successione e si autorizza
ogni Comune a trascrivere in Italia i matrimoni same sex contratti all’estero: se si fa tutto questo, si introduce con altro nome il matrimonio gay.
Non sarà necessario attendere la Consulta o le Corti europee:
qualsiasi giudice italiano sarà legittimato a intervenire per sanare la
“discriminazione” e ritenere legittima per i civil-uniti non già la stepchil adoption bensì l’adozione tout court.
La posizione del leader di Ap conduce esattamente a questo risultato.
Ma lo stralcio non ci sarà: i promotori del ddl vogliono il risultato
intero e subito, ben consapevoli che la stessa stepchild adoption
domani sarà ritenuta discriminatoria: finora essa, nelle sentenze di
tribunali italiani che l’hanno riconosciuta, ha riguardato l’unione
civile costituita da due donne; ma perché mai non dovrebbe interessare
anche due uomini conviventi? E come realizzarla? Legittimando la coppia same sex
alla domanda di adozione di figli estranei alla coppia; ovvero - ma non
in alternativa - permettendo di “commissionare” i figli a una donna
destinataria del seme di uno dei due o di entrambi. L’utero in affitto
sarà lo sviluppo coerente del ddl. In questo momento - tolti gli sforzi
di pochi parlamentari - non vi è una sola forza politica per la quale la
famiglia costituisca la priorità. Al popolo delle famiglie non resta
che ribadirlo al più presto in tutte le sedi, piazza inclusa.
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