beh . . . . se lo dice pure il "rosso" Bersani . . . .
Riforme, si riapre la partita nel Pd
Dopo la pausa estiva Bersani getta acqua sul fuoco: «Ora alla gente interessa il lavoro»
Roma
«L’Italia
non mangia pane e referendum: se noi politici, e voi della stampa, continuiamo
a parlare solo di questo vi segnalo che lo scollamento dalla gente aumenta. Non
c’è lavoro in questo Paese qui, poi il referendum vediamo come farlo». E
ancora: «Il tema della riforma costituzionale non è il terzo problema, è il
quarto il quinto o il sesto». Chi si aspettava l’annuncio di qualche apocalisse
da parte di Pier Luigi Bersani - ieri sera intervistato in pompa magna da
Bianca Berlinguer alla Festa dell’Unità di Firenze - è rimasto deluso. L’ex
segretario del Pd e punto di riferimento della minoranza interna, anzi, ha
quasi dato l’impressione di voler derubricare la questione del Sì o del No alla
riforma del Senato e del Titolo V a questione non prioritaria per un Paese in
cui l’economia continua a stagnare e che per di più è stato colpito solo pochi
giorni fa da un sisma che ha provocato quasi 300 morti. E non a caso Bersani,
prima di affrontare le questioni più politiche, si lancia in una difesa a spada
tratta di Vasco Errani come commissario per il terremoto: «Errani è un uomo
delle istituzioni, se serve c’è. E la prova del nove per capire se Errani va
bene o no è accompagnarlo, fare un giro nei paesi colpiti dal terremoto in
Emilia. Non c’è altro amministratore che, dopo quattro anni da una vicenda del
genere, viene applaudito da tutti salvo quattro leghisti e tre militanti dei 5
stelle».
Che
succede? L’emergenza terremoto e la scelta di Errani da parte di Matteo Renzi
hanno fatto rientrare le critiche della minoranza del Pd? Non proprio. Come
ricorda lo stesso Bersani il punto è sempre lo stesso: quello che non va non è
tanto la riforma costituzionale, per altro votata in tutti i suoi passaggi
parlamentari anche dai parlamentari della minoranza, ma il “combinato disposto”
con l’Italicum. «O si cambia la legge elettorale, l’Italicum, tanto sennò non
funziona questa cosa qui per la democrazia. L’ho sempre detto, quindi mi
aspetto che ci sia questa correzione - ribadisce Bersani -. Bisogna che in
questi due mesi sia corretta la legge per l’elezione dei senatori e corretto
l’Italicum, se no si prende un abbrivio che io ritengo un salto nel buio». La
posizione della minoranza è dunque sempre la stessa: per un Sì della componente
al referendum occorre che da parte del premier e segretario del Pd venga una
proposta di modifica all’Italicum. I bersaniani hanno già presentato la loro,
di proposta: un Mattarellum 2.0 basato sui collegi uninominali e rivisto con il
premio di maggioranza alla coalizione (non lista) che arriva prima. Ma è chiaro
a tutti che prima del referendum Renzi non aprirà a modifiche, anche perché si
attende la pronuncia della Corte costituzionale il 4 ottobre prossimo sulla
legittimità dei ricorsi contro l’Italicum presentati dai Tribunali di Messina e
di Torino. E ambienti parlamentari vicini alla Consulta accreditano l’ipotesi
di un accoglimento parziale del ricorso di Torino: in questo caso un ritocco
all’Italicum sarebbe inevitabile. Insomma le variabili in campo sono molte, e
naturalmente il primo a saperlo è proprio Bersani. Che non a caso non dà un aut
aut temporale, anche se alcuni dei suoi fremono per schierarsi subito per il
No, ma parla dei «prossimi due mesi».
Il
punto è che Bersani e il giovane Roberto Speranza non hanno intenzione di
confondere la loro battaglia con quella di Massimo D’Alema, ormai lanciato
verso la costruzione di un vero e proprio partito del No (il 5 settembre a Roma
sarà presentato il suo comitato con 150 persone). Da parte di Bersani, che al
momento non ha alcuna intenzione di lasciare il Pd o favorire qualche
scissione, la cautela è dunque d’obbligo. Mentre l’ex premier una possibile
scissione l’ha messa in conto da tempo, e ancora ieri è tornato a illustrare le
sue ragioni dal palco della Festa nazionale del partito a Catania: «Renzi a me
non interessa, a me interessa il testo della riforma costituzionale. Non esiste
un partito del No né un partito del Sì, esiste il Sì e il No. Trovo sbagliato
aver spaccato in due il Paese sulla Costituzione che dovrebbe essere condivisa.
Il mio modello è la costituente, in cui comunisti e democristiani al tempo
della guerra fredda scrissero insieme la Costituzione».
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