Analisi spietata sull’Italia: problema di leadership
I problemi strutturali non mentono e l’economia
italiana sta facendo molta fatica a crescere. Anche se il Pil nominale
ha registrato un’espansione dello 0,3% nel primo trimestre, l’andamento è
sottotono rispetto alla media Ue.
Guardando alla media degli ultimi venti anni si vede bene come l’andamento sia
depresso.
Secondo il governo e il ministro delle Finanze Pier
Carlo Padoan ci vuole tempo per far tornare la competitività, in un
paese che ha problemi di competitività e debito
pubblico, il quale ha raggiunto un livello record pari a 2.230 mila
miliardi di euro
Da 25 anni in Italia non sono state implementate
riforme essenziali e secondo Ian Bremmer, presidente e fondatore dell’istituto
di ricerche globali Eurasia, non sarà certo la riforma del Senato –
che pure consentirà di avere maggiore stabilità politica – a ridare slancio
all’economia e dare pulso alle attività.
Una vera ripresa ancora non si vede e perché il
Pil torni sui livelli pre crisi bisognerà aspettare il 2022.
Nulla dà fiducia a un 30enne in
Italia
“I problemi strutturali non mentono. Cosa
faranno per fornire una produttività significativa e un’efficienza reale per i
giovani italiani? Cosa rende un 30enne fiducioso nel suo paese? La risposta è nulla“,
ha dichiarato Bremmer ai microfoni di Bloomberg, che ha ricordato come le
ultime azioni del governo mostrano che in Italia non vogliano assolutamente
una crisi dei rifugiati visti i tanti problemi interni.
“Non si sa cosa potrà creare
lavoro per gli italiani. Le classi medie nel mondo industrializzato si sono
già indebolite in modo sostanziale e in alcuni di questi paesi sono uscite dai
binari in termini di violazioni delle regole”.
“Non penso che le istituzioni politiche sia in Usa sia
nell’Europa ‘core’ siano abbastanza forti da poter risolvere questo problema
nell’immediato futuro”. Quanto ai mercati
emergenti invece, secondo Bremmer, “cadranno dal precipizio“.
Secondo Bremmer manca una leadership forte nel mondo e
sopratutto in Europa. Angela Merkel è stata votata la persona dell’anno,
ma dopo gli ultimi sviluppi e lo scoppio della crisi dei rifugiati “non accadrà
più”.
L’economia europea, secondo il politologo, “è
migliorata in modo significativo rispetto all’apice della crisi dell’Eurozona,
ma la politica è peggiorata di molto“. Il riferimento è alla crescente
rabbia della popolazione che è accompagnata dalla crescente popolarità dei
partiti populisti contrari all’euro e anti establishment.
In Italia, dove il Pil nominale non si è mai
distaccato dallo zero negli ultimi anni, complice anche la crisi
del debito sovrano europea, il governo è attesto da sfide importanti per
cercare di rendere più efficienti gli ingranaggi dell’industria e
dell’economia.
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