PARTE IL VALZER DI "CHI PUO' ANDARE IL PENSIONE" CON QUOTA 100

Chi matura quota 100 entro il 2021 può andare in pensione anche dopo
Relazione tecnica chiusa. Testo chiuso, oggi al Colle. Si parte con 290mila candidati all’anticipo. Tfs statali: rimborso di prestito bancario e interessi con la liquidazione residua. Monitoraggio mensile Inps sulla nuova spesa
Ai blocchi di partenza per “quota 100”, ovvero la possibilità che si apre da qui alla fine del 2021 di andare in pensione con 38 anni di contributi e 62 anni di età, ci sono circa 290mila lavoratori. Che sono i candidati a un assegno lordo medio che oscilla tra i 28mila euro dei dipendenti privati e i 30mila dei pubblici, mentre scende a 18.400 euro per gli autonomi. Chi avrà maturato i requisiti di “quota 100” nel triennio potrà decidere di pensionarsi anche al termine della sperimentazione, mentre per raggiungere i 38 anni di contributi minimi non si potranno cumulare versamenti effettuati fuori dalle gestioni Inps, per esempio in una cassa privatizzata.
Eccole le ultimissime novità pensionistiche del decretone varato una settimana fa dal Governo che finalmente ha raggiunto il suo format conclusivo, con tanto di relazione tecnica. Un testo chiuso, che oggi è atteso al Colle per il sigillo del Capo dello Stato prima della pubblicazione in «Gazzetta». 
La platea dei nuovi pensionandi 2019 sale a 330mila se ai “quotisti” si aggiungono le circa 24.500 lavoratrici con 58 anni e 35 di contributi (59 se autonome) che potrebbero utilizzare la proroga di “Opzione donna”, i 13.900 lavoratori in difficoltà che potrebbero avere l’Ape sociale, e i 2/3mila lavoratori precoci che, anche quest’anno, usciranno con 41 anni di contributi minimi. Il pacchetto pensioni nella sua versione finale, che ancora non prevede l’annunciato aumento degli assegni di inabilità atteso in fase di conversione parlamentare, costerà 4,6 miliardi quest’anno, per salire alla vertiginosa cifra di 48,2 miliardi nel decennio, al netto delle pensioni di cittadinanza. La soluzione finale trovata per il nodo Tfs dei dipendenti pubblici conferma che l’anticipo bancario varrà fino a un massimo di 30mila euro. Cifra che dovrà essere rimborsata, con gli interessi, in soluzione unica al momento dell’incasso dell’indennità di liquidazione residua. Facciamo un esempio di uno statale con un Tfs di 75mila euro (cifra vicina alla stima media della relazione tecnica): se sceglie di incassare subito con un prestito bancario di 30mila euro, due anni dopo, al momento dell’incasso dei 45mila residui dovrà scontare il capitale (30mila) e gli interessi (circa il 2,5% l’anno, ovvero 1.500 euro) per un totale di 31.500 euro. 
Confermata in via sperimentale la possibilità di pensionamento anticipato per i lavoratori che nel triennio 2019-2021 maturano almeno 62 anni di età e 38 anni di contribuzione (la cosiddetta quota 100). Il diritto alla pensione d’anzianità potrà essere esercitato anche dopo la fine del triennio di sperimentazione. Le uscite si articoleranno sulla base di un meccanismo di finestre mobili. La prima è fissata ad aprile per i lavoratori privati mentre i dipendenti pubblici che avranno maturato i requisiti prima della data di entrata in vigore del decreto potranno uscire il 1° agosto. Gli assegni non sono adeguati alla speranza di vita e non sono cumulabili con altro reddito da lavoro (sopra i 5mila euro).
In via sperimentale per il triennio 2019-2021 scatta per tutti i lavoratori che hanno cominciato a lavorare dal 1° gennaio 1996 la possibilità di riscattare, in tutto o in parte, i periodi non coperti da contribuzione fino a un massimo di cinque anni facendo leva su versamenti fino a 60 rate mensili d’importo non inferiore ai 30 euro. Per gli “under 45” è anche prevista l’opportunità del riscatto agevolato della laurea anche ai soli fini dell’incremento dell’anzianità contributiva. I periodi recuperati concorreranno in ogni caso al computo del “montante” sulla base del quale viene calcolato l’importo dell’assegno. La relazione tecnica stima 3.500 adesioni l’anno alla cosiddetta pace contributiva fino al 2021.
Il decreto prevede anche per il 2019 il diritto al pensionamento anticipato, con il ricalcolo dell’assegno con il metodo contributivo, per le lavoratrici dipendenti in possesso al 31 dicembre di almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età (59 anni se lavoratrici autonome) . Il trattamento non sarà adeguato agli incrementi della speranza di vita. Le uscite anticipate stimate dalla relazione tecnica sono 24.500 per quest’anno. Il decreto proroga anche al 31 dicembre 2019 il cosiddetto “Ape sociale”, l’anticipo pensionistico introdotto dai governi Renzi e Gentiloni per i lavoratori disoccupati o in particolari situazioni di difficoltà: sono 13.900 le uscite stimate per quest’anno.
Fino a un importo di 30mila euro i dipendenti pubblici che andranno in pensione da quest’anno potranno contare su un pagamento immediato del Tfs/Tfr grazie a un finanziamento bancario a tasso agevolato. Il finanziamento e i relativi interessi dovranno essere restituiti in soluzione unica al momento del pagamento della quota residua dell’indennità di fine servizio. È prevista una detassazione a partire dall’1,5% il primo anno sull’Irpef da pagare per la liquidazione che dovrebbe compensare la quota interessi dell’anticipo bancario. Il meccanismo sarà regolato in un decreto del presidente del Consiglio e da una convenzione con Abi. 

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