Caro Giorgio,
ecco per te il testo della mia intervista all'Huffington Post. Buona lettura.
Silvio Berlusconi scherza, appena ci salutiamo: “Oh, ecco il compagno... Voi dell’
Huffington
siete critici su Renzi... ”. Palazzo Grazioli, mi riceve nel suo
studio. Un bicchiere di “falso amaro” sulla scrivania e un blocco su cui
annota appunti, è assai poco appassionato al conflitto interno al
centrodestra: “Teatrino”. E ancor meno alla questione delle primarie, su
cui si dice contrario. È sul Great Game del Quirinale che però sfoggia
il sorriso del Grande Seduttore. Sul punto cruciale della conversazione,
la zampata: “Da Renzi mi aspetto un percorso di condivisione che
consenta al paese di avere un capo dello Stato che non sia espressione
solo della sinistra, come è stato con gli ultimi presidenti, ma sia una
figura di garanzia per tutti gli italiani”. Non espressione della
sinistra significa che dall’elenco va depennato non solo Prodi, ma tutti
i segretari del Pd: Veltroni, Franceschini, Bersani.
In cambio, sulla legge elettorale il Cavaliere non alza le barricate.
Anzi, taglia corto sulla proposta di Renzi sui tempi e sulla cosiddetta
clausola di salvaguardia, ovvero che la nuova legge elettorale entri in
vigore nel 2016: “Non mi sembra francamente una questione rilevante.
Prima o dopo l’importante è che si realizzi una buona legge che non
penalizzi nessuna delle parti in causa”.
Suona come un richiamo al Patto del Nazareno che Renzi deve
rispettare tutto il ragionamento di Berlusconi. Il premier, nel corso
della trasmissione di Enrico Mentana, ha detto: “Il Quirinale non è nel
Nazareno”. E non ha escluso, per il Quirinale, nessun nome neanche
quelli già bocciati la volta scorsa. Per Berlusconi la successione al
Colle “condivisa” è invece l’esito di un percorso che il Cavaliere
definisce “naturale” nel Patto del Nazareno. E della disponibilità a
fare le riforme: “È evidente – dice - che i due temi (Colle e riforme,
ndr), poiché fanno entrambi parte delle regole e delle garanzie, non possono che andare di pari passo”. Già, "evidente".
Nel corso dell’oretta passata nel suo studio, lo trovo assai poco
innamorato di Renzi. Anzi, lo punzecchia proprio sul rapporto col
popolo, con la gente: “L’astensionismo non è secondario. È un segnale
per il governo”. Si percepisce che ha voglia di sfidarlo. Un’ultima
battaglia, per dimostrare che è, ancora, Silvio Berlusconi. Pesa l’anno
di restrizioni, di limitazione nella libertà di movimento. Proprio
solleticato su questo esce il vecchio leone. Smette di prendere appunti:
“Quando sarà, sarò in campo contro Renzi”. Il ruolo, da candidato o da
leader, dipende dalla questione dell’agibilità politica: “Sono certo –
dice - che riavrò l’onore perduto”. Ma,
parlando del suo
“popolo”, quasi commosso lascia capire che non ha alcuna intenzione di
dismettere i panni da leader del centrodestra.
Presidente Berlusconi, partiamo dal futuro del centrodestra,
da quella che appare una “frantumazione” dello schieramento per come
l’abbiamo conosciuto negli ultimi vent’anni.
(Berlusconi
è alla sua scrivania, a Palazzo Grazioli. Mentre risponde, ha una penna
in mano, e davanti un blocco di fogli. Ogni tanto, mentre parla, annota
qualcosa, come se raccogliesse in uno schema i suoi stessi
ragionamenti).
Dobbiamo fare ancora un passo indietro: il
centrodestra in Italia, come realtà politica, non è mai esistito, almeno
dall’epoca pre-fascista. Solo con la mia discesa in campo nel 1994 è
diventato un soggetto maggioritario nel paese. Questo non perché prima
non esistesse un “sentire comune” moderato, ma perché i partiti chiamati
a interpretarlo avevano progetti diversi o erano ininfluenti. I
moderati, da maggioranza nel paese, sono diventati per la prima volta
con noi anche una maggioranza politica. Molti si attendevano che questo
consentisse una trasformazione radicale dell’Italia. Anch’io lo avrei
voluto, ma non è stato possibile per diverse ragioni: perché negli
ultimi vent’anni noi abbiamo governato per meno della metà, e perché
quando abbiamo governato le regole istituzionali, gli egoismi di alcuni
alleati minori, le forti resistenze della burocrazia e del sindacato lo
hanno reso impossibile. Di conseguenza noi abbiamo fatto grandi riforme
liberali, ma “la grande rivoluzione liberale” a cui io puntavo è rimasta
incompiuta.
E questo è il passato. Ora però il centrodestra pare frantumato...
Di
fronte a quello che le ho illustrato, è successo che una parte dei
nostri elettori, delusa, si è rifugiata nell’astensione, mentre alcuni
protagonisti politici, da Alfano a Salvini, hanno pensato che potesse
essere venuto il loro turno. Ne sarei lieto, come ne sarei stato
contento nel 1994 se Segni e Bossi, Martinazzoli e Fini si fossero messi
d’accordo senza bisogno del mio intervento. Io non ho mai sofferto di
ambizioni politiche né allora né oggi. Ma ancora oggi come allora non
vedo nessun altro che possa esercitare una leadership in grado di
unificare il mondo del centro-destra.
Lei dice che
riunire il centrodestra da Alfano a Salvini, ma ormai è chiaro, a
leggere le dichiarazioni, che i due sono incompatibili. Uno è al
governo, uno all’opposizione, uno mette il veto sull’altro. Lei che nel
’94 chiamò a raccolta tutti gli italiani alternativi alla sinistra in
nome del suo carisma inventandosi una coalizione, che schema ha in mente
e con chi?
(Sorride e scuote il capo). Purtroppo i
politici italiani non riescono a fare a meno dei tatticismi. Pensano,
sollevando barricate, di alzare il prezzo in una trattativa che, prima o
poi, è inevitabile, se non vogliono condannare se stessi e tutta
l’Italia di centro-destra ad essere minoritaria per sempre. È il
teatrino della politica, proprio quello di cui gli italiani, i moderati
in particolare, sono sempre più disgustati e indotti a rifugiarsi
nell’astensione.
E quindi?
E quindi occorre la pazienza e la
volontà di non perdere mai di vista l’obiettivo che si ha davanti.
Nonostante i veti reciproci, Lega ed Ncd governano insieme regioni
importanti come la Lombardia e il Veneto, che tra l’altro è prossimo
alle elezioni, e tante amministrazioni locali. Vuol dire che questa
presunta incompatibilità non è poi così definitiva. D’altronde fra pochi
mesi in Veneto si vota: non mi risulta che Lega e Ncd abbiano deciso di
perdere.
Ma davvero pensa che il calo di consensi sia solo dovuto alla litigiosità o si è rotto qualcosa col paese?
I
moderati, tutti i sondaggi e le ricerche lo confermano, sono e restano
la maggioranza degli italiani. A tenerli lontani dalle urne sono diversi
motivi. Sono delusi da questa politica e da questi politici che
profittano dei soldi pubblici, che non trovano soluzioni concrete ai
loro problemi, che si perdono in litigi e liturgie incomprensibili. Poi
c’è una forte preoccupazione per il proprio futuro, c’è la paura di
dover perdere il proprio benessere, il proprio lavoro, la paura di non
trovare un lavoro per i propri figli. E poi…
E poi?
(Ora Berlusconi pare rabbuiarsi, fin qui è stato sorridente e cordiale. Diventa cupo. E cambia il tono di voce).
Poi c’è la questione che tutti voi dei media avete messo da parte come
se non esistesse, come se in Italia fosse tutto normale. Noi siamo in
una condizione pericolosa e inaccettabile di democrazia sospesa. Una
condizione nella quale il leader di uno dei due schieramenti in campo
non può fare campagna elettorale, non può muoversi sul territorio
nazionale, non può stare in mezzo alla gente, non può neppure dire
quello che pensa, è privato del suo diritto di voto, del diritto ad
essere votato, è privato della sua libertà. Una situazione che non ha
precedenti nella storia della nostra democrazia.
Ci
arriviamo. Prima però un’ultima domanda sul tema. Dentro e fuori il suo
partito, da Salvini a Fitto, le dicono: per rifondare il centrodestra
“agonizzante” servono le primarie, una sorta di rianimazione, di
ossigeno democratico. In fondo a sinistra hanno funzionato, Renzi da
quel meccanismo è uscito...
Non è il meccanismo elettorale a
far nascere i leaders. I leaders o ci sono o non ci sono. Renzi sarebbe
emerso anche senza primarie. È stato abile nell’utilizzarle,
certamente, ma non è un prodotto delle primarie. Dalle primarie sono
usciti i peggiori esempi di amministratori della sinistra, come Pisapia,
Marino, Doria, De Magistris… Una serie di pessimi sindaci che stanno
portando allo sfascio le maggiori città italiane. Io sono convinto che
le primarie siano un pessimo strumento per la scelta dei candidati
leaders. Penso che ogni movimento politico debba proporsi ai cittadini
presentando i suoi programmi e i suoi candidati. Se vi convincono,
votateli. Questo è il linguaggio dell’onestà e della chiarezza in virtù
del quale i moderati italiani da vent’anni hanno scelto e ancora
scelgono, senza bisogno delle primarie, un leader del centro-destra che
si chiama Berlusconi.
E lei a Fitto che dice: “falla finita, o dentro o fuori”...
Siete
speciali: uno vi riferisce un pettegolezzo, oltretutto sbagliato, e
tutti lo riprendete, lo commentate e lo rilanciate fino a farlo
diventare una apparente verità. Lei mi conosce da tempo: crede davvero
possibile che io tratti così qualcuno? La verità è che in trent’anni di
imprese e in vent’anni di politica io non ho mai cacciato nessuno. Forse
è stato un errore, in qualche caso avrei dovuto farlo, ma, francamente,
non ne sono capace.
Diciamoci la verità, questo controcanto le ricorda un po’ Fini o Alfano.
(Ride). Visto l’esito, credo che nessuno abbia la tentazione di imitarli.
Non so lei, ma io sono rimasto molto colpito dall’astensionismo alle regionali. È un fenomeno secondario come dice Renzi?
No, quello uscito dalle urne dell’Emilia Romagna è un segnale molto grave.
È anche un segnale per Renzi e per il governo?
È
un segnale per il governo, certamente, che dimostra che una parte
importante del Pd, non solo fra i dirigenti, ma anche fra gli elettori,
non è d’accordo con quel che è ora il partito che hanno sempre votato.
Sbaglio o è un po’ deluso dal premier?
Renzi ha
molte qualità. È giovane, è dinamico, è un formidabile comunicatore. Ha
anche il vantaggio di avere una discreta dose di cattiveria che a me,
per esempio, manca del tutto. Vedremo cosa sarà capace di realizzare.
Presidente, la seguo da anni e se ho una certezza è che lei è
un combattente. Sa cosa penso? Penso che nella sua testa frulla un
ragionamento così: vabbè, Renzi è bravo, bravissimo, il migliore dei
suoi, però ha pure incrociato il momento di mia massima difficoltà,
politica, giudiziaria, pure di libertà dei movimenti. Se avessi la
possibilità di fare il Berlusconi vero, di andare in giro per l’Italia,
di abbracciare le persone, di andare in televisione, glielo farei vedere
io a questo baldo giovane che prima mi stringe la mano e poi cambia
idea 8 volte sulle riforme chi è Silvio Berlusconi. Dica la verità,
l’idea di una campagna elettorale contro Renzi, quando sarà, le piace
assai.
Si è già dato la risposta da solo. Aggiungo solo una cosa.
Prego.
Io sono certo, certissimo (
scandisce, guardandomi fisso negli occhi, ndr),
che presto sarà l’Europa a restituirmi quell’onore e quei diritti
politici che mi sono stati incredibilmente e inaccettabilmente
sottratti. E allora sarò in campo, a tempo pieno, per vincere. Ma già da
oggi il silenzio è finito. Ho taciuto fin troppo per senso di
responsabilità verso il paese in un momento difficile. Ma oggi, se
tacessi ancora, sarebbe, al contrario, un gesto di irresponsabilità,
verso di me, verso la mia storia, verso chi mi ha sempre dato fiducia,
verso tutti gli italiani.
(Berlusconi ha fatto ricorso alla Corte
Europea dei Diritti dell’uomo contro la sentenza della Cassazione che lo
ha condannato per frode fiscale. Si riferisce alla sentenza della corte
europea quando parla di Europa, ndr).
Esclude, quando sarà, di essere lei colui che guida la sfida a Renzi come leader del centrodestra?
Non
lo escludo. L’unica cosa che invece escludo è di non essere in campo.
Se poi ci sarò come attaccante o come regista, dipenderà da molti
fattori oggi difficili da prevedere.
Se fosse premier, che farebbe nei primi cento giorni? L’Italia è il paese che amo. E quindi all’Italia dico...
…dico
che senza una svolta radicale dalla crisi non si esce. Svolta radicale
significa soprattutto una cosa: lasciare più soldi nelle tasche degli
italiani, riducendo una volta per tutte i costi dello Stato e le tasse
sulle famiglie e sulle imprese. Meno tasse significa più consumi e più
investimenti, quindi più lavoro e più utili per le aziende, quindi più
occupazione, a favore proprio delle categorie più deboli, come i giovani
e le donne, ma anche delle persone di mezza età espulse dal mercato del
lavoro e che oggi non riescono a ritrovare un’occupazione e sono ancora
lontane dalla pensione. È uno dei nuovi drammi sociali, perché spesso
sono padri e madri con figli a carico.
Dunque i provvedimenti che varerebbe?
Introdurremo
la “flat tax”, quella che ormai funziona benissimo in trentotto Paesi e
che mi convince dal 1994. Quella che i miei alleati non hanno mai
condiviso, una rivoluzione totale del nostro sistema impositivo, basato
sull’aliquota unica per tutti, un’aliquota del 20 per cento e dunque
molto inferiore alle attuali, e una “no tax area” al di sotto di un
certo reddito. I paesi dell’Europa dell’est, tra i tanti che hanno
introdotto questo sistema di tassazione negli ultimi anni, hanno
conosciuto spettacolari passi in avanti. L’altra cosa essenziale da fare
subito è occuparsi degli anziani. Nessuno oggi può vivere
dignitosamente con meno di 1000 euro al mese. Per questo aumenteremo
immediatamente le pensioni minime, fino a quella cifra. E anche questo
avrà un effetto positivo sui consumi, sul lavoro, sulle imprese.
Presidente, sta usando i verbi al futuro. Non sta raccontando
quello che farebbe se tornasse al governo, ci racconta quella che farà.
(Sorride) Esatto.
E ciò che non rifarebbe? Qualche errore ci sarà nella passata esperienza...
Senza
dubbio. Aver accettato una continua mediazione con chi remava contro
all’azione del governo. Per carattere tendo a fidarmi delle persone, a
credere che siano sempre in buona fede. Farò forza sul mio carattere,
non ripeterò questi errori.
Ora però c’è la questione del successore di Napolitano. Non
sono così ingenuo da chiederle un nome ora. Però vorrei provare a capire
qualcosa. Quale metodo si aspetta da Renzi? Una “rosa” con nomi non
ostili?
Mi aspetto un percorso di condivisione il quale, al
di là delle procedure che si seguiranno, consenta a questo Paese di
avere un Presidente della Repubblica che non sia solo espressione della
sinistra, come è stato con gli ultimi presidenti, ma sia una figura di
massima garanzia e di rappresentanza di tutti gli italiani.
Un nome condiviso, dunque.
Sono convinto che ci
arriveremo, nel quadro di quella collaborazione istituzionale, che è
diversa dalla convergenza politica, che si è avviata con il Pd sulle
riforme. È evidente che i due temi, poiché fanno entrambi parte delle
regole e delle garanzie, non possono che andare di pari passo.
È “evidente”, dice lei. E dal nuovo capo dello Stato si
aspetta maggiore sensibilità di quella mostrata da Napolitano sulla sua
“agibilità politica” così può tornare candidabile?
Non pongo
condizioni, non tratto su quello che considero un mio, un nostro
ineludibile diritto. Sono tuttavia convinto che l’Europa risolverà il
problema prima del nuovo capo dello Stato.
A proposito di legge elettorale. Le chiederei una parola
chiara. Lei aveva detto: prima il Quirinale, poi si vota la legge
elettorale. Renzi le ha risposto: “Non dà le carte Berlusconi”. Vuole
votarla prima del prossimo capo dello Stato, però offre come clausola di
salvaguardia che entrerà in vigore nel 2016.
Non mi sembra
francamente una questione rilevante. Prima o dopo l’importante è che si
realizzi una buona legge che non penalizzi nessuna delle parti in
causa.
Sempre sul Nazareno. Ma perché è così importante per le sue
aziende? A leggere le interviste di Ennio Doris viene il sospetto che ci
sia un nesso tra tutela delle aziende e Nazareno.
(Sbuffa, evidentemente infastidito)
Rovesciamo per un attimo le parti e mi spieghi lei una cosa. Che
vantaggio potrebbero mai avere quelle che lei chiama le mie aziende, da
Renzi? Mediaset è una grande azienda culturale e di informazione, è
quotata in borsa con decine di migliaia di azionisti che ne detengono il
60 per cento, dà lavoro a migliaia di persone e ha operato sotto i
governi più diversi. Si rende conto che questa domanda presupporrebbe
l’esistenza di una sorta di possibile ricatto da parte del presidente
del Consiglio ai danni di una delle principali aziende italiane? Le pare
accettabile una cosa del genere? Comunque, non arrivo davvero ad
individuare cosa potrebbe fare il governo per le aziende che ho fondato.
Forse dovrebbe fare una sola cosa: far ripartire l’economia e quindi
anche il mercato pubblicitario, del quale tutti i media vivono. Questo
sarebbe il bene del paese, non solo di Mediaset.
Presidente, concludiamo con una nota personale. Rispetto
all’ultima volta che ci siamo visti, un anno fa, è stato un anno
difficile. Posso chiederle quale è stato il giorno più brutto, da
politico, che ha vissuto, la cosa che le ha fatto più male?
Il
giorno nel quale il Senato italiano, per la prima volta nella sua
storia, ha votato l’espulsione di un leader politico capo
dell’opposizione e del centro-destra dal Parlamento della Repubblica e
l’ha fatto, violando la Costituzione italiana, la Convenzione europea
dei diritti dell’uomo, la prassi e le sue stesse procedure. L’ha fatto a
seguito non solo di una sentenza inverosimile, ma anche di
un’applicazione incostituzionale dei suoi effetti. Una pagina vergognosa
della politica italiana, decisa dalla sinistra, avallata dalle più alte
istituzioni e subita senza reazione da chi, eletto con i miei voti, ha
deciso, nonostante tutto questo, di continuare a collaborare con i
responsabili di questa infamia.
Lei più volte ha usato in questo anno la parola “delusione” e “tradimento”. Ora “infamia”. Si sente cambiato, umanamente?
Questa
volta sono stati delusi e traditi milioni di italiani che oggi non
credono più nella politica e che si rifugiano nell’astensionismo, perché
chi avevano votato in nome di un programma e di un’alleanza, col chiaro
mandato di contrastare la sinistra, si è comportato esattamente al
contrario. Sono loro che devono perdonare. Loro, ogni volta che compaio
in pubblico, in strada, si affollano intorno a me, mi abbracciano, mi
dicono di non mollare, quasi mi soffocano con il loro affetto e il loro
entusiasmo.
Dunque, il leader è sempre lei.
(Adesso appare quasi commosso, mentre parla della sua gente)
A volte faccio fatica a sottrarmi a questo abbraccio così affettuoso e
intenso. Negli occhi di tutta questa gente, gente di tutte le età e di
tutte le condizioni sociali, vedo la speranza di un’Italia diversa, quel
sogno in nome del quale vent’anni fa sono sceso in campo per difendere
la nostra democrazia e la nostra libertà. Posso deluderli?
Insomma, diceva Nietzsche: “Ciò che non mi uccide, mi rafforza”.
Nietzsche aveva ragione.
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risponerò appena possibile