L'intervista di Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, al presidente Silvio Berlusconi

Arcore. "Con il presidente del Consiglio ho stretto un patto politico di natura istituzionale. Punto. Era mio dovere farlo - dice Silvio Berlusconi al Foglio - perché l’ Italia ha bisogno di rinnovarsi e ripartire, e senza cambiamenti nell’ assetto istituzionale riguardo al monocameralismo per l’ approvazione delle leggi e al bipolarismo come sistema politico e ai poteri del presidente del Consiglio e del Consiglio dei ministri non c’ è ripartenza possibile, né per governi di centrosinistra né per governi di centrodestra".


Osserviamo che lo sconcerto, in alcuni casi, è grande: oppositori del patto, anche dentro Forza Italia e nell’ area di centrodestra, sostengono che è un premio troppo grande per il giovin signore della nuova sinistra italiana, e che il patto toglie aria e respiro a una prospettiva di competizione politica ed elettorale per tutto ciò che non è il Pd.

 "Non sono d’ accordo. Se il patto fosse la caricatura che ne fanno i suoi oppositori, certo sarebbe un dare senza avere, e un accordo alla cieca a nostro danno. E’ vero invece che io registro un positivo cambiamento a sinistra, e che il trasversalismo di Matteo Renzi, tutto sommato nonostante forti limiti, è da considerarsi un progresso. Lo dimostra il fatto che i nemici irriducibili del patto sono tutti coloro che, invece di competere civilmente, considerano la politica come una prova di guerra civile e fabbricano Arcinemici. Quelli cioè del fronte manettaro e illiberale dell’ antiberlusconismo che abbiamo visto alla prova in questi vent’ anni. Io ovviamente non sono renziano, questo è il succo della caricatura nemmeno troppo divertente che si fa della mia posizione. Spero semmai che il più giovane contraente impari qualcosa dall’ esperienza del più vecchio contraente, cioè dal sottoscritto. Le pare che, con la situazione in cui si trova il paese, un imprenditore come chi le parla, un politico impegnato dalla discesa in campo a far muovere l’ Italia immobile di sempre e la sinistra pietrificata della lotta di classe e delle chiusure corporative, non debba impegnarsi per costruire un sistema bipolare? Un sistema che consenta di decidere presto, bene e con certezza, stabilendo a certe chiare condizioni un programma riformatore, di cui siamo i primi ideatori con le nostre riforme abrogate da una ventata di demagogia della vecchia sinistra?".

 Molti dicono che non reggerà, questo dialogo per le riforme, e che il centrodestra ne uscirà diviso.

"La domanda vera non è se regga o no il patto detto del Nazareno. La domanda è se regge la governabilità, se va avanti la legislatura, se si fanno le cose possibili e dunque se può andare avanti la dialettica tra governo e opposizione, così come è stata impostata, o se si torna traumaticamente e irresponsabilmente a votare, con chissà quale legge elettorale. I nostri critici trascurano un fatto. Renzi ha vinto le primarie e ha preparato la sua ascesa al posto di Enrico Letta e ha ovviamente la sua autonomia di percorso. Ma tutto è stato reso possibile dal patto con l’ uomo nero, cioè con lo statista Berlusconi trasformato in ’bau bau’ per folle fanatizzate".

Dicono che l’ economia è di fronte a sfide impossibili, sopra tutto nel quadro europeo attuale, e alla fine il centrodestra sarà coinvolto in un ennesimo fallimento italiano, e stavolta da posizione subalterna, con un Renzi lesto a prendere spazio, anche elettorale, nel centro moderato dell’ elettorato.

"Se gestissimo questa politica come un muro e in modo immobile questo potrebbe essere un rischio. Ma è precisamente quello che eviteremo di fare. Intorno al prossimo marzo, mese per noi benigno perché fu il 27 marzo 1994 la prima di tante nostre vittorie, abbiamo intenzione di far partire una grande opera di ricostruzione dell’ identità dei riformatori liberali e conservatori italiani, cioè del nostro movimento aperto a gruppi e persone di buona volontà. Sarà una kermesse da sogno, nel senso che è ora di riprendere a sognare.
Sui grandi temi che ci distinguono, e in qualche caso ci dividono, dal renzismo rampante, in par ticolare ma non solo quelli fiscali, europei, economici e imprenditoriali, compresa la questione decisiva della giustizia giusta, stiamo mettendo in piedi commissioni di studio e di lavoro, presiedute e nutrite dal meglio del nostro personale politico, che deve essere messo in grado di passare dalle querelles sul passato all’ immaginazione del futuro. Io sono uno dell’ èra Reagan, uno che cerca di affrontare il sogno italiano da posizioni liberali e conservatrici ma anche da posizioni radicali e innovatrici: il trasversalismo felice e propulsivo, se mi consente, l’ ho inventato io quando ruppi il cupo consociativismo della antica nomenclatura e lo sostituii con una capacità di attrazione non univoca, non consegnata a schemi fradici. Renzi avrà qualche voto moderato se noi non sappiamo farci valere.
Ma non si deve dimenticare che il voto popolare e di sinistra, il voto operaio e industrialista, è da oltre vent’ anni parte integrante del nostro blocco di consenso. La libertà, l’ innovazione, la voglia di emulare, competere e promuovere la gioventù è ed è stata, se vogliamo dire così, ’berlusconiana’, è il nostro marchio di fabbrica. E dunque invece di fare a testate con Matteo, che non avrebbe oggi alcun senso, anche perché è casomai nel loro campo che volano i colpi bassi, manteniamo la nostra autonomia, incalziamo, facciamo opposizione quando è necessario e insieme rispettiamo il patto riformatore, ma prima di tutto ricostruiamo il nostro vero profilo. Hanno cercato di offuscarlo predicando il nostro fallimento e la ’caduta’ di una leadership dopo la sentenza paradossale che mi ha colpito: gioco facile per loro. Ma se pensano che l’ età anagrafica, di cui ho sempre pensato che sia un inganno per i gonzi, o il fatto di combattere ancora per un po’ con le mani apparentemente legate dietro la schiena, mi possa impedire di ricostruire con i miei valorosi collaboratori, con la mia gente, una prospettiva per l’ Italia, se lo scordino. Di questa posizione velleitaria, che è come un veleno per chi la pratica, sono rimasti vittime in tanti, una sfilza di leader della sinistra battuti da me con il consenso degli italiani e poi rottamati da Renzi. E rottamati proprio perché il confronto con noi lo perdevano regolarmente ogni volta che lo volgevano in denigrazione e colpo basso in barbarie giustizialista".

C’ è chi ha visto nella conferenza stampa sulle unioni civili e sullo ius soli un cedimento identitario.

 "Davvero non capisco. Nel mondo occidentale si sono diffuse le unioni omosessuali. Anche la chiesa cattolica ha le sue incertezze, fa le sue riflessioni sinodali. E noi non possiamo attardarci su una posizione nullista, di chiusura totale alla questione dei diritti delle persone. Personalmente mi piacerebbe che la cosa fosse risolta con patti privati sanciti dal codice civile, più che da norme ad hoc. Ma dobbiamo fare i conti con la realtà ed essere aperti a questa rivendicazione di diritti che non può incidere minimamente sul matrimonio tra uomo e donna, che deve continuare a essere il fulcro di politiche pubbliche per la famiglia, è ovvio. Quanto all’ integrazione dei nuovi arrivati, che deve essere realizzata con l’ educazione e l’ istruzione e la coesione culturale e civile, è una necessità della storia: vogliamo litigare con la storia? Io ho semplicemente proposto in più un esame sulla padronanza della nostra lingua e sulla conoscenza delle nostre regole di convivenza. Ma sarà, come per la sopra ricordata richiesta sui diritti, il nostro nuovo dipartimento per i diritti civili a decidere".

Ha un’ aria non proprio rassegnata, presidente.

"Vede? Le premesse per una politica intelligente, e il tempo per realizzarla in una ricostruzione di popolo e di leadership, ci sono tutte. Al lavoro. Da ora e fino a marzo e oltre naturalmente, dovremo far vedere a tutto il paese che non siamo solo grandi pugili elettorali, quando è necessario, ma anche e sopra tutto l’ altro partito della nazione, il vero partito degli italiani che amano la libertà e vogliono restare liberi, quello con il marchio delle origini".


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