RIFLESSIONE...........

S'avanza il catto-pragmatismo

di Stefano Fontana
La nuova Bussola Quotidiana, 4 giugno 2014

Tre indizi fanno una prova. Dopo Avvenire e dopo il Sir, di cui abbiamo parlato due giorni fa (“Lettera al Direttore” che riportiamo in fondo a questa pagina), ora anche il Corriere della Sera di ieri, con un fondo di Ernesto Galli della Loggia, si impegna ad accreditare Matteo Renzi non solo come cattolico – «non si contano le foto che lo ritraggono all’uscita dalla messa domenicale, da solo o con la famiglia» – ma anche come in continuità con la Dottrina sociale della Chiesa e la storia del cattolicesimo italiano, e perfino come espressione di un cattolicesimo politico adatto ai nostri tempi, che Galli della Loggia, non si sa con quale nesso con Renzi, chiama «i tempi di papa Francesco».

Galli della Loggia ha definito quello del presidente del Consiglio Matteo Renzi un cattolicesimo politico da boy scout. Il riferimento è all’attività scoutistica del giovane Renzi, al suo comportarsi come un capo-branco (Akela) con i suoi collaboratori, al suo stile e linguaggio giovanili, alla volontà di impegnarsi in cose concrete e di provarci («fare del nostro meglio»), alla sua semplicità di approccio ai problemi, alla sua gioviale sicurezza e fiducia da bravo ragazzo che fa attraversare la strada all’Italia.

Secondo Galli della Loggia, Renzi è espressione di un cattolicesimo politico non più legato al vecchio cattolicesimo veneto e lombardo da cui era nata anche la Democrazia cristiana e più vicino al cattolicesimo di Dossetti, La Pira, don Milani – il cattolicesimo tra il Po e l’Appennino, come egli dice – di cui però Renzi stempera le asprezze, rendendolo più dolce, meno battagliero; un cattolicesimo politico semplificato e debole, come è, a dire il vero, il cattolicesimo scout.

Devo dire che la definizione di Renzi come espressione di un cattolicesimo politico tipo boy scout è ben ritagliata. È un cattolicesimo politico ricondotto a buone azioni, stare insieme, consumare con sobrietà, rispettare l’ambiente, fare acquisti a chilometro zero. Per un cattolicesimo politico di questo genere, non credo ci sia bisogno di scomodare Dossetti, La Pira e don Milani, e meno che meno papa Francesco. È forse più semplice spiegare la cosa come esito del processo di secolarizzazione che fluidifica la politica e indebolisce il carattere cattolico dei cattolici. Se tutto è ormai piuttosto liquido e informe, impreciso nei connotati, languido e come spossato, ne nasce un cattolicesimo politico da boy scout, privo di forti identità, un cattolicesimo da escursione in montagna, da costruzione di sopraelevate, da cerchio attorno al fuoco e amicizia solidale.

Il problema, a questo punto, è di verificare se un cattolicesimo politico tipo boy scout sia ancora un cattolicesimo politico. Se Renzi è l’Akela del Branco, allora la Boschi è Bagheera, la quale ha detto per bene come la pensa sulla famiglia senza che Akela l’abbia smentita. La secolarizzazione della religione e della politica è spietata e ingorda e, nella sua coerenza, non si ferma né si sazia mai. Dire che Renzi è un politico cattolico e constatare nel contempo che egli vuole il divorzio breve e l’adozione dei minori per le coppie omosessuali significa sostenere che un politico può definirsi politicamente cattolico anche se con la sua azione politica distrugge la famiglia. Significa recidere il legame tra «uscire dalla messa domenicale da solo o con la famiglia» e la costruzione della società tramite le leggi, le politiche, le istituzioni, ossia il significato pubblico della fede cattolica.

Questa è propriamente la secolarizzazione della politica. Quando il cattolico perde di vista che dalla sua fede emana non solo una sua testimonianza personale, ma anche un disegno sulla società e la politica, sulla città dell’uomo, allora si ha secolarizzazione della politica.

Il passaggio è in tre tappe: all’inizio i valori umani si fondano su quelli religiosi che li costituiscono e li proteggono; poi i valori umani pensano di fondarsi su se stessi differenziandosi ma senza staccarsi da quelli religiosi; infine si separano da quelli religiosi, cessando così anche di essere umani. Ci siamo illusi che fosse possibile fermarsi al secondo passaggio. Ma, come dicevo, la secolarizzazione vuole andare fino in fondo. A questo punto diventa possibile farsi fotografare uscendo da chiesa ed approvare una legge sul divorzio breve.

Leone XIII diceva che se si stacca il matrimonio civile da quello religioso finisce male anche per quello civile. Poi si è pensato che il matrimonio civile dovesse essere fondato su se stesso distinguendosi senza separarsi da quello religioso. Oggi si dice che un cattolico può essere tale anche se opera per il divorzio breve. E’ la secolarizzazione che avanza, bellezza! Però se questo è il cattolicesimo politico tipo scout di cui parla Galli della Loggia allora non è più un cattolicesimo politico, ma la sua fine.


Lettera di Stefano Fontana al Direttore della Nuova Bussola Quotidiana
2 giugno 2014

Caro Direttore,

ho letto una sorprendente intervista al sociologo Franco Garelli in cui viene sostenuta la “continuità” tra Matteo Renzi, la dottrina sociale della Chiesa e la presenza nel nostro Paese del “cattolicesimo sociale”. La vittoria di Renzi alle Europee sarebbe benvenuta in quanto espressione di questa “continuità”. L’intervista è stata fatta e diramata dal SIR, il Servizio Informazione Religiosa della CEI e pubblicata su vari settimanali diocesani.

Ora, sinceramente, la “continuità” di cui parla Garelli io non riesco a vederla. Vediamo, però, prima di tutto, dove la vede lui, Garelli. Renzi, dice Garelli, fa proposte e si impegna e questo sarebbe un tratto tipicamente cattolico: fare proposte e impegnarsi. «Il carattere qualificante del cattolicesimo sociale consiste nel riuscire a individuare i problemi e fare proposte all’altezza della situazione in un dato momento storico, non nel fare una difesa d’ufficio dei principi. Renzi questo lo ha capito e quindi lo trovo molto adeguato al momento presente». Il concetto viene ribadito in seguito: «Renzi è un cattolico, non lo ha mai negato, anzi ogni tanto lo ricorda. Però in qualche modo non fa della sua ispirazione cattolica un castello. Lui invece affascina o attrae a partire dalle idee, e solo in parte a partire dalla militanza cattolica di lungo corso negli anni giovanili … La Chiesa era abituata a pensare che chi si impegnava doveva farlo  per promuovere i valori cattolici, mentre lui si impegna in chiave pluralistica, per affermare anche istanze tipiche della dottrina sociale».

Andiamo con ordine. Se alla Dottrina sociale della Chiesa togliamo il tema della famiglia e della vita produciamo una ferita che la rende irriconoscibile. Ora, la maggioranza renziana ha appena approvato alla Camera il divorzio breve e si sta preparando ad approvare le unioni civili e le adozioni gay. Se non ci fosse stata una certa resistenza da parte della componente governativa del Nuovo Centro Destra, tutto questo lo avremmo già, come anticipato in modo soft dal ministro Boschi a Vanity Fair.

Nei discorsi programmatici di Renzi non ho mai sentito parlare di famiglia, né tantomeno di vita. Gli 80 euro in busta paga sono stati dati individualmente senza tenere in contro la componente familiare. Renzi ha forse ritirato le Linee guida del ministero per le pari opportunità contro la discriminazione di genere?

Mi chiedo quindi: se nell’azione politica di Renzi manca totalmente il riferimento alla famiglia, come può essere in “continuità” con la Dottrina sociale della Chiesa?  Per poterlo dire bisognerebbe cancellare molte encicliche dei Sommi Pontefici, anzi tutte. E sulla vita? Renzi ha forse annunciato di intervenire sulla decisione di distribuire la pillola del giorno dopo nei consultori familiari della “sua” Toscana? Ha espresso un parere sulla sentenza del TAR sulla “Norlevo”? Ha dato qualche rassicurazione sulla situazione selvaggia in termini di fecondazione eterologa a seguito della sentenza della Consulta? 
Ma non è solo su questi temi che il programma di Renzi è in “discontinuità” con la Dottrina sociale della Chiesa. Lo è, per esempio, in modo evidente sul tema della sussidiarietà, di cui non c’è traccia non solo nei suoi finora scarni interventi, ma anche nelle sue promesse. Non l’ho mai sentito parlare di sussidiarietà in nessun senso, nemmeno nel campo della scuola, che pure è stato un tema che lo ha interessato, almeno inizialmente e limitatamente all’aspetto dell’edilizia.

È quindi piuttosto difficile vedere la “continuità” di cui parla Garelli. Del resto, parlare di famiglia, o di vita o di sussidiarietà non sarebbe un “promuovere i valori cattolici” o limitarsi “a ribadire i principi” perché sono valori di tutti e perché riguardano non astrazioni ma carne viva della gente di oggi. Se vita, famiglia e sussidiarietà sono valori “cattolici”, allora promuoverli vorrebbe dire essere integralisti. So bene che tutta un’area politica cattolica la pensa così. So che essa ritiene che la secolarizzazione debba essere accettata non solo nei suoi aspetti religiosi, ma anche in quelli etici. So anche che Garelli appartiene a quest’area cattolica. Però vorrei sapere quali sono le “istanze tipiche della dottrina sociale” che Renzi incarnerebbe e se lui “affascina a partire dalle idee” vorrei sapere quali sono queste idee che “continuano” la Dottrina sociale della Chiesa.

Ho giudicato questa intervista “sorprendente”. Ma a sorprendere non è tanto che l’abbia rilasciata il sociologo Garelli, ma che l’abbia diffusa il SIR, ossia l’agenzia di stampa dei Vescovi, e che molti settimanali diocesani l’abbiano automaticamente pubblicata. In questo modo gli 80 euro in busta paga e il divorzio breve sono stati battezzati “cattolici”. In barba al rifiuto di “promuovere i valori cattolici”. Dove si vede, in fondo, che gli integralisti sono coloro che vedono integralismi dappertutto.

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